Il progetto di un team del Politecnico di Milano prevede una pista ciclabile di 679 chilometri. Obiettivo: linfa all'economia in aree in crisi economica. Franceschini ha garantito già l'impegno per la realizzazione
Una pista ciclabile di 679 chilometri che seguendo la corrente del fiume Po colleghi il nord Italia da Torino fino a Venezia, facendo risollevare attraverso il cicloturismo i territori fluviali fatti di parchi, aree protette, piccole frazioni dimenticate. In Italia, terra di maglie rosa e di campioni di Tour de France, il progetto c’è da qualche anno e ora, finalmente, sembra essere ai nastri di partenza. Si chiama Vento, sogno di un team del Politecnico di Milano che nel 2010 ha cominciato a pensare a un modo per collegare tutte le aree percorribili intorno al Grande Fiume con infrastrutture leggere e opere a ridosso della dorsale del Po. A fine luglio quel progetto è arrivato sul tavolo del ministro al Turismo Dario Franceschini, dopo che anche l’ex ministro Massimo Bray si era interessato alla proposta. In un incontro con le autorità di bacino, i rappresentanti delle regioni interessate (Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna) e del ministero all’Agricoltura, Franceschini ha garantito il proprio impegno per dare il via alla fase di realizzazione, che prevede un protocollo d’intesa e un tavolo tecnico che comincerà a lavorare già da settembre.
Il progetto Vento è stato ideato dai progettisti dopo aver studiato l’esperienza di altri Paesi europei come Olanda, Svizzera, Austria, Germania e Francia, che del cicloturismo hanno fatto un vero e proprio business. “La Germania ogni anno ha 4 miliardi di indotto dal cicloturismo e tra i fruitori il 40 per cento sono famiglie con bambini – spiega Paolo Pileri, docente e responsabile di Vento – In Svizzera c’è una fondazione che regola tutte le mobilità dolci. L’Italia dovrebbe puntare di più su questo settore”.
In Italia molti percorsi ciclabili sul Grande Fiume ci sono già, e non solo. Sul tracciato delineato dal team Vento, che passa anche per Cremona, Piacenza, Milano, Ferrara, Chioggia e Valenza, si contano 43 parchi protetti, come il parco del Delta del Po e quello del Ticino, per 264 chilometri di piste. In tutto, quasi il 40 per cento dell’intero strada ciclabile che verrebbe realizzata con Vento. A questi si aggiungono gli oltre 1500 siti di interesse, come musei, frazioni, borghi e centri di eccellenza artistico-storica o agroalimentare che sorgono lungo e a ridosso della dorsale principale. Gran parte dei percorsi, inoltre, è già in essere, visto che il 65 per cento del tracciato, tra ciclabili e strade arginali già asfaltate, di fatto esiste già. “Il problema è che per ora tutti questi punti e queste aree non sono collegate tra loro – continua Pileri – Non c’è un sistema che permetta di sfruttare le risorse di questi territori, così come non c’è una cultura che vada al di là della biciclettata domenicale, o al massimo dell’escursione. Ma investire in un’infrastruttura del genere, potrebbe incrementare il turismo di quelle zone, aiutando anche l’economia di territori che rischiano di essere dimenticati”.
Per guardare al futuro e al potenziale di Vento, occorre capire il fenomeno del cicloturismo, vera e propria vacanza in bicicletta di almeno tre giorni che permette di esplorare su due ruote un territorio, al pari di come si farebbe a piedi o in auto. Tutt’altra cosa da una semplice pista ciclabile: “Vento non è solo un collegamento di piste ciclabili, ma prevede anche infrastrutture, opere e vari investimenti sui territori” sottolinea Pileri. Il lavoro richiederebbe un investimento stimato di circa 100 milioni di euro per il collegamento dei tratti e la messa in sicurezza, che potrebbero arrivare con fondi europei, e che potrebbero portare l’Italia, con il suo Grande Fiume, a diventare una delle mete del cicloturismo europeo. Per ora è partita la sensibilizzazione tra le associazioni ambientaliste e quelle di turismo, che hanno già aderito al progetto, e per diffondere l’iniziativa è stato lanciato il concorso di idee “Vento gira nelle scuole” negli istituti superiori delle regioni coinvolte. I prossimi passi si vedranno tra qualche settimana, con le prime riunioni del tavolo tecnico a Roma.