Alcune delle persone recuperate sono state trovate su un canotto, altre mentre nuotavano con i giubbotti gonfiabili. L'imbarcazione è colata a picco sabato 16 dopo essere stata sorpresa da una tempesta mentre navigava tra le isole di Lombok e Komodo. Dieci turisti erano già stati recuperati domenica
Hanno resistito per ore in mare aperto per raggiungere, quando oramai era buio, un’isola deserta: stremati, assetati e affamati, hanno bevuto la propria urina e mangiato foglie. E’ l’incubo vissuto dai passeggeri di un barcone turistico che navigava fra le isole-paradiso di Lombok e Komodo, nel sud dell’Indonesia, quando un’improvvisa tempesta ha investito l’imbarcazione, scagliandola contro la barriera corallina, dove è affondata. Delle 25 persone a bordo, 23 sono state tratte in salvo tra ieri e oggi. In gran parte sono turisti di diverse nazionalità, tra cui anche due italiani, che la Farnesina riferisce essere “in buone condizioni“. Nel gruppo ci sono anche britannici, spagnoli, olandesi, tedeschi, neozelandesi e un francese. Due turisti risultano ancora dispersi.
Drammatiche le testimonianze dei sopravvissuti. Jan van Ommen, turista olandese, nel gruppo dei 13 salvati oggi ad est dell’isola di Sumbawa, ha raccontato alla France presse di aver trascorso circa 40 ore in mare. Lui e i suoi compagni di sventura si sono alternati a bordo dell’unica scialuppa, mentre a turno gli altri scendevano in acqua con i giubbotti di salvataggio. Il gruppo è stato ritrovato, “a circa 60 miglia al largo di Sape” vicino Sangeang, ha spiegato un responsabile dei soccorsi.
Bertrand Homassel, francese, ricorda: “A mezzanotte (venerdì), l’equipaggio ci ha chiesto di indossare i giubbotti di salvataggio. A bordo non avevamo ne radio, ne GPS, ne un computer di bordo”. “C’era solo una scialuppa di salvataggio per 25 persone! Sei persone sono salite sulla scialuppa, le altre sono rimaste sul tetto dell’imbarcazione, che non era completamente affondata”, ha raccontato il turista al telefono da un albergo della città di Bima, sull’isola di Sumbawa, dove si trovano ora i sopravvissuti. “Abbiamo aspettato a bordo fino a mezzogiorno mentre il barcone si riempiva d’acqua”. Poi lui, insieme ad altri quattro, ha deciso di raggiungere a nuoto la spiaggia più vicina. Dopo aver nuotato per circa sei ore, Homassel e i suoi compagni hanno raggiunto al tramonto un’isola deserta dove un vulcano era in eruzione. “Lì – racconta – abbiamo bevuto la nostra urina e mangiato foglie”. Ma nonostante tutto, dice, a lui è andata bene: “ho ancora un paio di pantaloncini una maglietta, un passaporto e una carta di credito. Sono stato molto fortunato!”.
Anche Els Visser, turista olandese, si è salvata raggiungendo a nuoto la spiaggia. Durante il naufragio Visser ha visto alcune persone salire sull’unica scialuppa di salvataggio, altri saltare in acqua. Così, racconta al Telegraph, “ho deciso con un’altra turista di raggiungere a nuoto l’isola che vedevamo in lontananza”. Visser e l’altra donna sono riuscite a raggiungere a nuoto Sangeang, nota per i suoi vulcani, l’ambiente incontaminato e per il grande varano carnivoro che la abita, il Drago di Komodo. Le due donne hanno passato la notte insieme ad altri tre naufraghi. Poi i superstiti sono stati avvistati e raccolti da una nave di passaggio.
La Versace Amara, questo il nome dell’imbarcazione, è colata a picco sabato 16 durante una tempesta, con 25 persone a bordo, mentre navigava non lontano da Bali. Dieci turisti stranieri erano stati soccorsi domenica, dopo che avevano nuotato per ore fino all’isola di Sangeang, dove un vulcano era in eruzione. Mentre, oggi sono state tratte in salvo altre 13 persone. Di quest’ultimo gruppo, cinque sono indonesiani, 4 membri dell’equipaggio e una guida turistica. Al momento 2 persone risultano ancora disperse.