Prefetto di Propaganda Fide, e inviato speciale di Papa Francesco sul teatro della crisi umanitaria che colpisce i cristiani in Iraq, il cardinale dalle colonne de Il Fatto Quotidiano è tornato sulle parole di Alessandro Di Battista, del M5S, che pochi giorni fa aveva dichiarato: "Contro i droni, il terrorismo è la sola arma rimasta per i ribelli". Il religioso: "Cristiani e yazidi chiedono un cordone di sicurezza"
Quelli, come Alessandro Di Battista, che fanno commenti sui terroristi dell’Isis vengano a guardare negli occhi le mamme alle quali hanno portato via le figlie. Farebbero bene a stare zitti”. Parola del cardinale Fernando Filoni, prefetto di Propaganda Fide, e inviato speciale di Papa Francesco sul teatro della crisi umanitaria che colpisce i cristiani in Iraq. Il Fatto lo ha raggiunto al telefono nell’arcivescovado di Erbil, a poche decine di chilometri dal fronte della guerra tra i peshmerga e i miliziani islamici che vogliono far convertire i cristiani al loro califfato.
Cardinale Filoni, innanzitutto quanti sono i profughi?
Si stimano 120 mila rifugiati. Tanti dormono attorno alle chiese. Sono cristiani ma anche yazidy e di altre etnie. Io ho visitato le varie parrocchie e i centri di accoglienza e devo dire che nessuno era preparato, siamo stati presi tutti un po’ alla sprovvista.
Cosa ha visto al suo arrivo?
Ho visto tanta gente dormire all’aperto. Anche se è vero che qui ci sono 47 gradi però dormire per terra comporta problemi sanitari e di gestione del cibo, dell’acqua. Molto è stato fatto e molto ancora si potrà fare. Ho trovato grande generosità. Il volontariato in questa zona quasi non esisteva e per miracolo tutti si sono resi protagonisti con il loro aiuto.
Che storie le raccontano?
Per i nostri cristiani c’è stata ‘solo’ la cacciata e la fuga con l’abbandono delle proprie case e dei propri averi. ‘Solo’ perché non hanno subito altri problemi come gli yazidi, contro i quali, come loro stessi dicono, è in atto un genocidio.
I cristiani sono stati costretti a convertirsi?
Ai cristiani è stato detto: se non vi convertite potete rimanere pagando una tassa altrimenti dovrete andarvene. Per gli yazidi è stato diverso. A loro è stato detto: o la morte o la conversione. Siamo in una situazione nella quale ci sembra di tornare indietro di chissà quanto tempo.
Il segretario della Cei ha avuto parole dure per l’Europa e la Rai. Monsignor Galantino ha detto che la Ue si occupa della misura delle banane e si disinteressa dell‘Iraq. Si è lamentato anche della disattenzione della Rai.
Qui i commenti italiani non arrivano. Io sono stato inviato dal Papa come suo occhio e orecchio. Ho visto le situazioni più drammatiche e ora riporterò le voci raccolte al Santo Padre. Tutti, cristiani e non, sono stati riconoscenti al Santo Padre che ha inviato un interprete della sua preoccupazione. Nelle decine di insediamenti visitati ho trovato drammi enormi.
Qual è il racconto che più l’ha impressionata?
Scegliere tra i tanti drammi è difficile. Mi è stata raccontata una storia che mi ha davvero impressionato: due ragazze rapite erano state mandate a lavarsi per poi essere oggetto delle attenzioni di questi terroristi. Le due ragazze però hanno preferito suicidarsi anziché ritornare dai loro carnefici. Queste sono le cose che ho ascoltato con le mie orecchie con grande patema d’animo.
Cosa chiedono i cristiani e gli yazidi che lei ha incontrato?
Alcuni chiedono solo di andare via. Altri invece vorrebbero tornare nei loro villaggi ma chiedono alla comunità internazionale di creare una cintura di sicurezza che garantisca loro di potere vivere in tranquillità nelle loro case. Questo potrà accadere solo se le organizzazioni internazionali e gli stati più importanti si faranno carico di questa situazione di sicurezza. Almeno per ora, poi spetterà allo Stato iracheno.
Nel 2003, quando Bush lanciò la guerra contro Saddam, Giovanni Paolo II si oppose. Oggi ci sono migliaia di vite in pericolo ma la situazione è ribaltata: la comunità internazionale è alla finestra e la Chiesa in prima linea.
Voi giornalisti siete testimoni di questa debolezza che è emersa. Ora, fare la guerra chiaramente porta alla distruzione però è un obbligo morale mettere il paese in condizione di ritrovare la strada della sicurezza per la ricostruzione. Purtroppo l’Iraq è una realtà complessa con le sue divisioni religiose e tante etnie. E’ difficile lavorare per unire ma questo è il compito che dovremmo assumerci: dobbiamo aiutare l’Iraq a ritrovare la strada della convivenza.
Alessandro Di Battista del M5S ha giustificato l’Isis dicendo che bisogna capire e parlare anche con i terroristi. Secondo lui il terrorismo è l’unica arma per chi viene bombardato dall’alto da aerei ultratecnologici come quelli americani. Secondo lei è stata compresa la minaccia dell’Isis? Lei come lo vede?
Guardi io non do giudizi su cose nelle quali non posso entrare però vorrei che tutti quelli che fanno dei commenti, quelli che vorrebbero saperne di più, vengano a guardare le facce di queste donne e di questi bambini distrutti, sguardi persi nel vuoto, senza i loro mariti, senza le loro figlie, senza le loro madri. Poi probabilmente più che parlare si farebbe meglio a stare zitti.
da Il Fatto Quotidiano del 18 agosto 2014