Una scrittura privata con il tesoriere Stefani aveva garantito al Senatur uno "stipendio fisso", poi negato dal segretario Salvini anche per via della crisi delle casse del movimento
Approda in tribunale la querelle tra le due anime della Lega: quella di Umberto Bossi e quella del nuovo corso di Matteo Salvini. Oggetto del contendere il vitalizio di 900mila euro al Senatur percepito dalla Lega che dopo varie trattative sarebbe stato ridotto a 400mila euro, poi a 200 e infine negato da Salvini a Bossi il quale ha citato davanti al tribunale di Milano il suo partito. Nella ricostruzione di Repubblica, Bossi aveva ottenuto un sequestro cautelativo di 6 milioni di euro sui conti leghisti per assicurarsi il vitalizio e pagare la parcella del proprio avvocato, Matteo Brigandì. Grazie alla mediazione del tesoriere del partito, Stefano Stefani, si era giunti una scrittura privata con la quale Bossi svincolava i 6 milioni e si assicurava un vitalizio di 400mila euro, poi ridotti a 200 per le difficoltà di cassa del Carroccio.
L’accordo prevedeva anche la rinuncia da parte della Lega di costituirsi parte civile nel procedimento penale contro il Senatur e i suoi due figli per i presunti fondi sottratti alla Lega. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe appunto stata l’annuncio della decisione del Carroccio di volersi costituire parte civile nel procedimento, la cui prima udienza è prevista il 10 ottobre. Da qui l’atto di citazione mentre, sul piano penale, Bossi si sarebbe riservato di denunciare Salvini per truffa.