Sarà pure vero che la Federazione Calcio ha adeguato le sue norme a quelle dell’Uefa, ma, mai come in questo caso, il contesto avrebbe dovuto prevalere sul testo. Dopo le scivolate di Tavecchio sulle bucce di banana e la corale protesta contro le sue battute in stile alfaniano, mai e poi mai avrebbe dovuto proporre come primo atto della sua gestione l’abrogazione della norma sulla discriminazione territoriale; questo a prescindere da qualsiasi considerazione di merito.

Modi e tempi di questa prima decisione sono peggiori della ormai famigerata “mangiava banane, ora gioca nella Lazio”, perché in questo caso non c’è neppure l’attenuante del discorso a braccio e dell’emozione di quel momento. Qui ogni decisione è stata programmata e pianificata e risponde alla volontà dei grandi elettori.

Da oggi, dunque, come avrebbe detto Fantozzi “rutto libero” e, negli stadi, cori a volontà contro il “napoletano coleroso”, il “siciliano mafioso”, tanto non saranno più cori razzisti, ma simpatiche ed affettuose manifestazioni di amicizia tra autentici sportivi.

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