È più forte di lui, ogni tanto Beppe Grillo deve farsi male da solo. L’ultimo caso è l’avvincentissimo sondaggio sul “Giornalista dell’anno 2014“. Che senso aveva farlo? Nessuno. Il sondaggio, vinto con 3.822 voti su 16.260 da Giuliano Ferrara (Premio Stercorario 2014), è una sorta di greatest hits della rubrica “Giornalista del giorno”, che a sua volta ha generato gli spin-off “Vignettista del giorno” e “Blogger del giorno”: spesso ci sono finiti disegnatori e blogger di questo giornale, notoriamente house organ del Movimento 5 Stelle. Grillo dirà che è una goliardata, e certo le cose gravi in Italia sono altre. Ma proprio di questo dovrebbe parlare, magari sottolineando come perfino Delrio abbia dovuto ammettere che gli 80 euro erano poco più che una sòla, o rivendicando come il M5S avesse ragione quando avvertiva che la ripresa tanto millantata dal governo Renzi fosse lungi dal verificarsi. Invece no: Grillo trova urgente lanciare il Premio Stercorario.
Da sempre il suo blog alterna articoli stimolanti (per esempio i contributi di Aldo Giannuli) e controinformazione meritoria a sfoghi ridicoli di yesmen ottusi e articolesse bolse dei primi Becchi che passano. Giornali e tivù, quasi sempre, rilanciano solo ciò che, ancor più se estrapolato arbitrariamente, può mettere i “grillini” in cattiva luce: un alibi innegabile per Grillo, ma qualcosa non torna. In primo luogo, agli italiani interessa poco di quel che scrive un giornalista. Al di là di qualche caso sporadico, i giornalisti sono emeriti sconosciuti. Nel momento in cui Grillo li espone al pubblico ludibrio, non solo li rende martiri (regalando ai detrattori ulteriori argomenti per la mitraglia) ma li toglie pure dall’oblio. Tra i nominati ci sono figure che godono a essere odiate (Ferrara, Giordano, Sallusti), persone nel frattempo scomparse (Federico Orlando) e una galassia di oscuri carneadi. Chi è Tony Jop? Chi è Michele De Salvo? Chi lo ha mai letto Stefano Menichini? Nessuno, e infatti i giornali su cui firmavano son tutti morti per mancanza di masochismo (cioè di lettori disposti a leggerli). Grillo ha regalato scampoli di celebrità a firme che, spesso, neanche vengono riconosciute quando entrano in casa loro. Figuriamoci dagli italiani.
Il secondo punto debole risiede nella sensazione sgradevole che provoca quella rubrica: spesso Grillo si è limitato a pubblicare stralci fedeli degli articoli sgraditi, senza commenti ulteriori (se non dei lettori del blog, e non erano missive d’amore). E molti di quegli articoli, in effetti, facevano abbastanza pietà. Era però nel loro diritto: Repubblica, Huffington Post o L’Unità (che nel frattempo ha chiuso i battenti) hanno tutto il diritto di criticare ferocemente il Movimento 5 Stelle. Sono giornali vicini al Pd, spesso gli dettano la linea (e vanno capiti: se aspettano Renzi, buonanotte). E Grillo e Casaleggio tutto sono fuorché infallibili. Sta poi al letttore capire chi scrive il giusto e chi no. Grillo ha fatto un calderone indistinto, al cui interno ci sono mediani del potere e talenti autentici. Per esempio, e non è l’unico in quella lista, Michele Serra. Grillo lo conosce bene. Un tempo erano amici e adesso no.
Lamentare la pochezza di Pigi Battista è come dire che l’acqua è bagnata: una banalità. Attaccare Serra perché oggi è renziano e forse (anzi sicuramente) ai tempi di Cuore non lo sarebbe stato neanche sotto tortura, è una reazione infantile. Grillo e Casaleggio, a questo punto, direbbero che nessuno come i 5 Stelle è stato massacrato a prescindere nella Seconda Repubblica. Hanno ragione, e la semplificazione vile (“Di Battista sta coi terroristi“) di un lungo post criticabile ma certo non “terroristico” (“Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire”) è solo l’ennesimo caso di un giornalismo che ai 5 Stelle fa le pulci e ai renziani perdona tutto. Eppure i casi politicamente disperati, da quelle parti, non sembrano mancare: basta pensare alle Boschi, alle Bonafè, alle Picierno. Tutto vero, ma non è abbastanza per lanciare quel sondaggio. Non serve a niente e non frega a nessuno.
E poi c’è il terzo punto. Il più importante. Ora che quasi tutti i media incensano il “Pacioccone” Mannaro Renzi; ora che l’Europa comincia a rendersi conto che l’unica differenza tra lui e Berlusconi è che il primo ascolta gli U2 e il secondo Apicella; ora che i soli a fare opposizione e difendere la Costituzione sono i 5 Stelle: ora che tutto questo è evidente, quei nove milioni che hanno votato M5S nel febbraio 2013 – e che nel frattempo guarda caso son diminuiti – ne hanno pieni gli zebedei di questa inclinazione tafazziana. Errori simili rischiano di vanificare tutto il lavoro fatto. Non c’è più tempo per il cazzeggio, peraltro autolesionistico, e le urgenze – per i 5 Stelle, ma più che altro per il paese – sono davvero altre.
Dal Fatto Quotidiano, 19 agosto 2014