Sia la Banca d'Italia sia l'Associazione bancaria italiana da anni prevedono due diversi prodotti a basso costo per i correntisti che hanno poche esigenze. Ma poi allo sportello le banche spingono per i loro c/c
Pagamenti e prelievi Bancomat, bonifici e incasso dello stipendio o della pensione a costo zero, con il solo pagamento del canone annuo fisso. Queste le caratteristiche del ‘conto corrente semplice‘, un prodotto ad hoc introdotto a fine 2009 dalla Banca d’Italia (dopo un accordo raggiunto con l’Associazione bancaria italiana) per consentire alla clientela con esigenze base di usufruire di un certo numero di operazioni e servizi senza spese extra o commissioni aggiuntive. Ma, dopo aver mosso i primi passi nella primavera del 2010, ora a distanza di ulteriori 4 anni resta ancora sconosciuto alla maggior parte degli italiani.
Decisamente una strana sorte, visto che il conto semplice risulta poco dispendioso e potrebbe soddisfare le esigenze di migliaia di correntisti che si lamentano da anni degli eccessivi costi di gestione dei c/c. Basti ricordare che – lo mette nero su bianco l’ennesimo monitoraggio condotto dall’Adusbef – i conti italiani risultano i più cari d’Europa con una spesa annua di 371 euro, contro una media Ue di 114.
Beato, quindi, chi, entrando in banca, riesce a trovarlo e sottoscriverlo, il conto semplice. E questo nonostante l’accordo siglato nel 2009 prevedesse che gli istituti lo inserissero tra i loro prodotti. Già due anni fa Bankitalia segnalava “le difficoltà riscontrate da parte di alcuni cittadini nell’aprire il conto o nell’ottenere informazioni presso gli sportelli di alcuni intermediari”. E le cose non sono cambiate: è una vera caccia al tesoro. Secondo l’ultimo aggiornamento di Bankitalia, al 5 marzo 2014, il prodotto veniva offerto negli sportelli di soli 16 istituti. E perlopiù si tratta di casse di risparmio e casse di credito cooperativo.
Del resto l’obbligatorietà non c’è mai stata e il risultato non può, quindi, stupire. Cosa fanno, invece, le grandi banche? Tacciono sull’esistenza del conto corrente semplice e riempiono il mercato bancario con una vasta offerta di conti correnti a zero spese. Cioè prodotti tecnicamente molto simili, ma che risultano convenienti soprattutto per loro. Così gli aspiranti correntisti pensano di sottoscrivere un contratto supervisionato da Bankitalia e, invece, si ritrovano un normale conto corrente con un numero limitato di operazioni. Tant’è che tutti questi prodotti includono anche carta di credito, scoperto di conto, prestiti, mutui e la possibilità di comprare Bot, obbligazioni o azioni. E se non si sceglie di utilizzare esclusivamente l’home banking, alla fine di ogni trimestre le singole operazioni fanno schizzare verso l’alto il costo di gestione.
Un giochetto che costa carissimo ai correntisti, come ha avuto modo di rilevare l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in un’indagine condotta sulla concorrenza nel settore bancario durata 28 mesi e conclusasi nel settembre 2013. “Ci sono ancora molti ostacoli che – si legge nel rapporto – potrebbero ridurre i prezzi a vantaggio del consumatore, facendo risparmiare fino a 180 euro, importo che è pari alla differenza di prezzo tra prodotti identici proposti a clienti differenti”. E, nel caso del conto corrente, l’Antitrust spiega che “per quasi 4 banche su 10 esiste almeno un conto corrente per giovani e famiglie con operatività elevata con un prezzo inferiore o uguale a quello del conto base offerto alla generalità dei consumatori”.
Senza trascurare il ruolo che questo prodotto potrebbe ricoprire nella lotta al contante e all’inclusione finanziaria: circa 15 milioni di italiani preferiscono lasciare i soldi sotto al materasso o sono esclusi dai servizi bancari perché protestati o cattivi pagatori.
Indagine, questa dell’Antitrust, fortemente criticata dall’Abi che ha sottolineato “come in Italia sia già operativo il proprio conto di base“. Ebbene sì: il conto corrente semplice è il secondo servizio nato in Italia, ma già nel 2004 il Consorzio PattiChiari (che per l’Abi ha il compito di semplificare l’uso e l’offerta dei prodotti bancari e per migliorare la cultura finanziaria) aveva messo a disposizione dei correntisti il ‘servizio bancario di base’ con un pacchetto di strumenti essenziali: Bancomat, accredito dello stipendio o della pensione, pagamento delle bollette, bonifici, informazioni sul saldo e sui movimenti e accesso a semplici piani d’investimento. E proprio quest’ultima attività, in pratica, lo differenzia dall’altro conto. Peccato, tuttavia, che anche in questo caso la maggior parte delle banche faccia orecchie da mercante quando si chiedono allo sportello maggiori informazioni.
Eppure, proprio nel conto base il governo Monti nel 2012 ha riposto grande fiducia, inserendo nella manovra Salva Italia l’obbligatorietà per le banche di offrirlo a zero spese ai pensionati (con reddito fino a 18mila euro) e ai soggetti socialmente svantaggiati con un Isee non superiore a 7.500 euro. Il conto base (tipo A) per loro è completamente gratuito (bollo compreso). Ma lo stesso prodotto (stavolta tipo B) può essere offerto anche a tutti gli altri con il pagamento di un canone onnicomprensivo, più ovviamente il bollo se la giacenza media supera i 5.000 euro. Ad oggi sono poche decine di migliaia i correntisti che lo hanno sottoscritto.