Hyundai-Kia tiene nel Vecchio Continente, dove ha una quota di mercato simile a Fiat-Chrysler, e rilancia con una nuova, più grande versione della cittadina i20. Ma il vero obiettivo ora è l'espansione negli Stati Uniti in ripresa. Combattono però con uno won forte rispetto allo yen debole dei marchi giapponesi
Kia e Hyundai, i due marchi della coreana Hyundai Motor Corporation, hanno svelato contemporaneamente – ed è strano, data la rigida divisione esistente fra le gestioni – le immagini di due nuovi modelli: la terza generazione della Suv Sorento e la seconda serie della piccola i20. Entrambe debutteranno di fronte al grande pubblico al Salone di Parigi di inizio ottobre. Ed entrambe hanno in comune la supervisione stilistica di Peter Schryer, il tedesco responsabile del Design del gruppo, anche se la Hyundai è stata pensata nel centro europeo di Rüsselsheim, mentre la Kia è nata in Corea.
Altra caratteristica comune, l’aumento delle dimensioni rispetto ai modelli precedenti: la i20 cresce di 4,5 cm (per un totale di 4,04 metri) e la Sorento di 9,5 cm (ora è lunga 4,78 metri). La i20 è un modello fondamentale per l’Europa, dove attualmente è il quarto modello più venduto del marchio, dopo ix35, i30 e i10, mentre la Sorento da noi ha un peso marginale, essendo un modello pensato soprattutto per gli Stati Uniti, dove è il terzo modello più venduto del marchio.
Oltre che in Corea, oggi il gruppo Hyundai è ben posizionato in Cina, nel resto dell’Asia, in Russia (dove negli ultimi due mesi sono stati i marchi più venduti, superando la locale AvtoVaz) e negli Stati Uniti. In Europa, Hyundai-Kia mantiene più o meno i livelli raggiunti in diversi anni di rapida crescita: nei primi sei mesi del 2014, secondo l’associazione dei costruttori Acea, il gruppo ha immatricolato 405.499 vetture, l’1% in più rispetto al primo semestre del 2013 in un mercato in crescita del 6,2% (con Hyundai in calo del 2,4%, Kia in crescita del 5,5%).
La quota di mercato del gruppo nel Continente si attesta sul 5,9% (contro il 6,3% del primo semestre 2013), a brevissima distanza da Fiat-Chrysler. Il margine operativo – che indica la redditività dell’azienda – rimane però superiore al 9% per la Hyundai e del 6,3% per Kia. Per fare un paragone, quello della Fiat era del 4,5% nel 2012, quello di Renault-Nissan del 3% nel 2013 e quello della PSA Peugeot-Citroën era negativo, tanto che ora l’obiettivo è arrivare al 2% entro il 2018.
Il profitto netto del gruppo nel primo semestre, intanto, è calato del 6,9%, soprattutto a causa dello won forte che rende le esportazioni più costose, e a vantaggio dei marchi giapponesi che invece beneficiano di una yen debole. Secondo la stampa coreana, però, il gruppo ora si sta concentrando soprattutto sulla crescita negli Stati Uniti, suo secondo mercato estero dopo la Cina, dove detiene una quota di mercato dell’8,1%. La produzione dei due impianti locali (in Alabama e Georgia, 300.000 unità l’anno ciascuno) non riesce a soddisfare la domanda e il presidente del gruppo Hyundai, Chung Mong-koo (nella foto in basso) era in visita nel Paese la settimana scorsa per rivedere le strategie aziendali e non perdere le opportunità di un grande mercato che sta tornando a crescere.
In seguito a una serie di richiami, i coreani vogliono anche recuperare la fiducia dei consumatori ed entrare nell’agognato Olimpo dei marchi scelti per il loro appeale non per questioni di convenienza economica: “Negli ultimi dieci anni ci siamo preparati a trasformare Hyundai-Kia in un costruttore globale”, ha detto Chung Mong-koo. “Nei prossimi dieci anni potremo rinascere come marchi top che i consumatori scelgono e preferiscono”. Le due berline Genesis e Sonata sono parte di questo progetto: “Riusciremo a crescere in maniera sostenibile sul mercato americano se le vendite di questi modelli crescono consistentemente”, ha aggiunto. “Le vendite all’esterno sono essenziali non solo l’azienda per l’intera economia coreana”.