Pochi giorni fa Maryam Mirzakhani, di 37 anni, professoressa alla Standford University, è stata la prima donna, oltre che la prima persona di cittadinanza iraniana, a vincere la Medaglia Fields, titolo equiparato al “nobel per la matematica”, per “i suoi contributi eccezionali alla dinamica e alla geometria delle superfici di Riemann e dei loro spazi di moduli…”. Il Congresso internazionale dei matematici della International Mathematical Union (IMU) si tiene ogni quattro anni e in tale occasione assegna la Medaglia Fields, considerata come il più alto riconoscimento che un matematico, uomo o donna, che non abbia superato l’età di 40 anni, possa ricevere. Oltre a lei altri tre uomini hanno ricevuto questa onorificenza.
Maryam Mirzakhani ha frequentato il liceo e poi si è laureata in matematica nel 1999 alla Sharif University of Technology a Teheran, in Iran. Nel 1994 e nel 1995 ha vinto due medaglie d’oro alle Olimpiadi Internazionali della Matematica. Poi la possibilità di un dottorato ad Harvard, e nel 2004 diventa ricercatrice al Clay Mathematics Institute e professoressa a Princeton. Dal 2008 insegna alla Stanford University. Una carriera di tutto rispetto. E allora perché dovremmo parlare di lei?
Perché non si vedono molte donne in questo settore e quindi lei è un buon esempio da seguire?
Perché è di origine iraniana e si pensa che in Iran le donne vivono solo segregate dietro un velo dedite unicamente alla famiglia? Perché questa professoressa iraniana si presenta al mondo, al contrario di ogni stereotipo sul suo paese, in maniera essenziale, sorridente, insegnando in un perfetto inglese in una università americana in California oserei dire in perfetto stile occidentale?
O forse perché in Iran sui giornali locali hanno evidenziato la notizia del suo riconoscimento coprendole la testa con un velo nella foto ufficiale che è stata utilizzata a livello internazionale grazie a Photoshop? Un quotidiano ha persino ‘sfumato’ i capelli della professoressa in una lavagna con numeri e formule.
La questione vera forse è altrove. Maryam Mirzakhani al momento dell’assegnazione ha dichiarato: “È un grande onore. Spero che questo incoraggi giovani scienziate e matematiche donne. Sono sicura che nei prossimi anni molte altre donne vinceranno questo tipo di premi.”
Questo riconoscimento testimonia che non ci sono barriere di genere alla capacità creativa nella scienza, le barriere sono invece nelle opportunità che si offrono ai diversi generi: prima di tutto dalle famiglie verso i propri figlie e figlie, poi dagli Stati con le loro politiche più o meno a sostegno dei sistemi scolastici, universitari e di ricerca, con o senza velo.
A seconda di dove si è, sia donne che uomini possono partecipare al progresso della scienza e “volenti o nolenti” anche all’evoluzione dei “costumi” e delle culture.
In Italia come siamo messi? Nel nostro Paese la carriera scientifica spesso viene scartata a priori dalle stesse giovani donne che si arrendono prima di cominciare, le famiglie di certo non le incoraggiano visto che il sistema universitario e della ricerca generalmente le supporta ancora meno. Secondo il Rapporto sull’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino- Rilevazione quinquennale: 2009-2014 scritto da diverse associazioni e curato da Fondazione Pangea si riporta: “Se si considera il livello universitario, sono stati realizzati grandi progressi in Italia per le donne, che oggi rappresentano il maggior numero tra gli iscritti, ottengono i voti migliori (1), si laureano in minor tempo (2). Le donne tuttavia continuano ad affrontare enormi difficoltà di accesso al mondo del lavoro universitario e nell’affermarsi nella ricerca accademica e nella carriera universitaria. Infatti pur rappresentando il 58% dei laureati, le ricercatrici universitarie sono 10mila su 24mila, le professoresse associate sono 5.600 su 16mila, le ordinarie solo 3mila su 14.457 e sono solo 5 le donne su 78 rettori in tutta Italia (3). Alcune facoltà di tipo scientifico sono considerate “maschili”, seppure si registri da alcuni anni una presenza femminile maggiore, nei fatti non garantiscono un pari trattamento durante il corso di studi (4) e nell’inserimento lavorativo nei settori della tecnologia avanzata e dell’innovazione. La scarsa valorizzazione delle donne nella ricerca scientifica contribuisce alla cosiddetta “fuga dei cervelli” all’estero maschili e femminili. Inoltre, molto forte è l’isolamento e l’esclusione sperimentate dalle ricercatrici “in quanto donne” (5). Infatti sono ancora diffusi lo stereotipo e l’idea ingiusta che non valga la pena investire nella formazione e attribuire fondi per la ricerca a favore di chi è destinata un giorno a diventare madre e ad occuparsi anche del lavoro di cura, sottraendo tempo alla ricerca.”
Maryam dovrebbe essere un esempio per tutte le giovani donne nel nostro Paese che vogliono avere a che fare con la scienza, con la consapevolezza che non sarà facile la loro strada, ma forse neanche impossibile. Questa donna così speciale traccia il segno dei nostri tempi racchiudendo in sé contraddizioni e stereotipi che allo stesso tempo supera, aprendo nuove prospettive:
“Si dovrebbero ignorare i frutti appesi in basso, che sono un pò ingannevoli. Non sono sicura che sia il modo migliore di fare le cose, in realtà nel frattempo ti rendi difficile da sola il percorso” – ha detto durante una intervista, sorridendo- “La vita non è fatta per essere semplice.”
Simona Lanzoni
Vice presidente di Fondazione Pangea Onlus
Donne di Fatto - 20 Agosto 2014
Maryam Mirzakhani, il segno dei nostri tempi
Pochi giorni fa Maryam Mirzakhani, di 37 anni, professoressa alla Standford University, è stata la prima donna, oltre che la prima persona di cittadinanza iraniana, a vincere la Medaglia Fields, titolo equiparato al “nobel per la matematica”, per “i suoi contributi eccezionali alla dinamica e alla geometria delle superfici di Riemann e dei loro spazi di moduli…”. Il Congresso internazionale dei matematici della International Mathematical Union (IMU) si tiene ogni quattro anni e in tale occasione assegna la Medaglia Fields, considerata come il più alto riconoscimento che un matematico, uomo o donna, che non abbia superato l’età di 40 anni, possa ricevere. Oltre a lei altri tre uomini hanno ricevuto questa onorificenza.
Perché non si vedono molte donne in questo settore e quindi lei è un buon esempio da seguire?
Perché è di origine iraniana e si pensa che in Iran le donne vivono solo segregate dietro un velo dedite unicamente alla famiglia? Perché questa professoressa iraniana si presenta al mondo, al contrario di ogni stereotipo sul suo paese, in maniera essenziale, sorridente, insegnando in un perfetto inglese in una università americana in California oserei dire in perfetto stile occidentale?
O forse perché in Iran sui giornali locali hanno evidenziato la notizia del suo riconoscimento coprendole la testa con un velo nella foto ufficiale che è stata utilizzata a livello internazionale grazie a Photoshop? Un quotidiano ha persino ‘sfumato’ i capelli della professoressa in una lavagna con numeri e formule.
Il presidente iraniano Rohani invece si è congratulato con lei con un tweet all’avanguardia composto da una foto doppia, una con e una senza velo.
La questione vera forse è altrove. Maryam Mirzakhani al momento dell’assegnazione ha dichiarato: “È un grande onore. Spero che questo incoraggi giovani scienziate e matematiche donne. Sono sicura che nei prossimi anni molte altre donne vinceranno questo tipo di premi.”
Questo riconoscimento testimonia che non ci sono barriere di genere alla capacità creativa nella scienza, le barriere sono invece nelle opportunità che si offrono ai diversi generi: prima di tutto dalle famiglie verso i propri figlie e figlie, poi dagli Stati con le loro politiche più o meno a sostegno dei sistemi scolastici, universitari e di ricerca, con o senza velo.
A seconda di dove si è, sia donne che uomini possono partecipare al progresso della scienza e “volenti o nolenti” anche all’evoluzione dei “costumi” e delle culture.
In Italia come siamo messi? Nel nostro Paese la carriera scientifica spesso viene scartata a priori dalle stesse giovani donne che si arrendono prima di cominciare, le famiglie di certo non le incoraggiano visto che il sistema universitario e della ricerca generalmente le supporta ancora meno. Secondo il Rapporto sull’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino- Rilevazione quinquennale: 2009-2014 scritto da diverse associazioni e curato da Fondazione Pangea si riporta: “Se si considera il livello universitario, sono stati realizzati grandi progressi in Italia per le donne, che oggi rappresentano il maggior numero tra gli iscritti, ottengono i voti migliori (1), si laureano in minor tempo (2). Le donne tuttavia continuano ad affrontare enormi difficoltà di accesso al mondo del lavoro universitario e nell’affermarsi nella ricerca accademica e nella carriera universitaria. Infatti pur rappresentando il 58% dei laureati, le ricercatrici universitarie sono 10mila su 24mila, le professoresse associate sono 5.600 su 16mila, le ordinarie solo 3mila su 14.457 e sono solo 5 le donne su 78 rettori in tutta Italia (3). Alcune facoltà di tipo scientifico sono considerate “maschili”, seppure si registri da alcuni anni una presenza femminile maggiore, nei fatti non garantiscono un pari trattamento durante il corso di studi (4) e nell’inserimento lavorativo nei settori della tecnologia avanzata e dell’innovazione. La scarsa valorizzazione delle donne nella ricerca scientifica contribuisce alla cosiddetta “fuga dei cervelli” all’estero maschili e femminili. Inoltre, molto forte è l’isolamento e l’esclusione sperimentate dalle ricercatrici “in quanto donne” (5). Infatti sono ancora diffusi lo stereotipo e l’idea ingiusta che non valga la pena investire nella formazione e attribuire fondi per la ricerca a favore di chi è destinata un giorno a diventare madre e ad occuparsi anche del lavoro di cura, sottraendo tempo alla ricerca.”
Maryam dovrebbe essere un esempio per tutte le giovani donne nel nostro Paese che vogliono avere a che fare con la scienza, con la consapevolezza che non sarà facile la loro strada, ma forse neanche impossibile. Questa donna così speciale traccia il segno dei nostri tempi racchiudendo in sé contraddizioni e stereotipi che allo stesso tempo supera, aprendo nuove prospettive:
“Si dovrebbero ignorare i frutti appesi in basso, che sono un pò ingannevoli. Non sono sicura che sia il modo migliore di fare le cose, in realtà nel frattempo ti rendi difficile da sola il percorso” – ha detto durante una intervista, sorridendo- “La vita non è fatta per essere semplice.”
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Le parole di Meloni sull’Ucraina sono state nette e chiare in un contesto molto difficile. Le va riconosciuto". Così il segretario di Azione, Carlo Calenda, da Odessa.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Amiamo le nostre nazioni. Vogliamo confini sicuri. Preserviamo aziende e cittadini dalla follia della sinistra verde. Difendiamo la famiglia e la vita. Lottiamo contro il wokeismo. Proteggiamo il nostro sacro diritto alla fede e alla libertà di parola. E siamo dalla parte del buon senso. Quindi, in definitiva, la nostra lotta è dura. Ma la scelta è semplice. Ci arrenderemo al declino o combatteremo per invertirlo?". Lo ha detto Giorgia Meloni al Cpac.
"Lasceremo che la nostra civiltà svanisca? O ci alzeremo e la difenderemo? Lasceremo ai nostri figli un mondo più debole o più forte? Vorremo che le nuove generazioni si vergognino delle loro radici? O recupereremo la consapevolezza e l'orgoglio di chi siamo e glielo insegneremo? Ho fatto la mia scelta molto tempo fa e combatto ogni giorno per onorarla. E so che non sono solo in questa battaglia, che siete tutti al mio fianco, che siamo tutti uniti. E credetemi, questo fa tutta la differenza", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Quando la libertà è a rischio, l'unica cosa che puoi fare è metterla nelle mani più sagge. Ecco perché i conservatori continuano a crescere e stanno diventando sempre più influenti nella politica europea. Ed ecco perché la sinistra è nervosa. E con la vittoria di Trump, la loro irritazione si è trasformata in isteria". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
"Non solo perché i conservatori stanno vincendo, ma perché ora i conservatori stanno collaborando a livello globale. Quando Bill Clinton e Tony Blair crearono una rete liberale di sinistra globale negli anni '90, furono definiti statisti. Oggi, quando Trump, Meloni, Milei o forse Modi parlano, vengono definiti una minaccia per la democrazia. Questo è il doppio standard della sinistra, ma ci siamo abituati. E la buona notizia è che le persone non credono più alle loro bugie".
"Nonostante tutto il fango che ci gettano addosso. I cittadini continuano a votarci semplicemente perché le persone non sono ingenue come le considera l'ultimo. Votano per noi perché difendiamo la libertà", ha ribadito.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La sinistra radicale vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, per genere, per ideologia. Ma non saremo divisi perché siamo forti solo quando siamo insieme. E se l'Occidente non può esistere senza l'America, o meglio le Americhe, pensando ai tanti patrioti che lottano per la libertà in America Centrale e Meridionale, allora non può esistere nemmeno senza l'Europa". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Il Cpac ha capito prima di molti altri che la battaglia politica e culturale per i valori conservatori non è solo una battaglia americana, è una battaglia occidentale. Perché, amici miei, credo ancora nell'Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà. Una civiltà nata dalla fusione di filosofia greca, diritto romano e valori cristiani. Una civiltà costruita e difesa nei secoli attraverso il genio, l'energia e i sacrifici di molti". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla conferenza dei conservatori a Washington.
"La mia domanda per voi è: questa civiltà può ancora difendere i principi e i valori che la definiscono? Può ancora essere orgogliosa di sé stessa e consapevole del suo ruolo? Penso di sì. Quindi dobbiamo dirlo forte e chiaro a coloro che attaccano l'Occidente dall'esterno e a coloro che lo sabotano dall'interno con il virus della cultura della cancellazione e dell'ideologia woke. Dobbiamo dire loro che non ci vergogneremo mai di chi siamo", ha scandito.
"Affermiamo la nostra identità. Affermiamo la nostra identità e lavoriamo per rafforzarla. Perché senza un'identità radicata, non possiamo essere di nuovo grandi", ha concluso la Meloni.
(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".