La candidatura del sindaco di Imola (favorito) attaccata dall'assessore uscente della giunta Errani, Patrizio Bianchi: "Rappresenta la continuità con il passato". Il civatiano Casadei: "Singolare che il futuro del nostro territorio sia deciso a Roma". E Amelia Frascaroli: "No a un regno di Errani IV"
Continuano i mal di pancia nel Pd dell’Emilia Romagna sulle candidature alle primarie del 28 settembre per la corsa alla presidenza della Regione. Le diverse fazioni oramai si fanno sempre più agguerrite e lottano senza esclusioni di colpi. L’ipotesi di un presunto patto tra bersaniani e renziani, che vedrebbe i primi appoggiare in Senato le riforme del Governo in cambio della candidatura del sindaco di Imola Daniele Manca, nome gradito a Pier Luigi Bersani e a Vasco Errani, agita le acque nel partito di Renzi. L’accordo è stato smentito dal vicepresidente del Pd Lorenzo Guerini, da Bersani e dal segretario regionale del Pd e responsansabile Enti locali in direzione nazionale, Stefano Bonaccini, probabile candidato alle primarie per la Regione. La voce, però, continua a circolare.
Oggi – dai microfoni di Radio Città del Capo – Patrizio Bianchi, assessore all’Istruzione della giunta Errani e candidato in corsa per le primarie, ha attaccato pesantemente Manca. Bianchi è pronto, invece, a farsi da parte se scendesse in campo Bonaccini e ad appoggiarlo. Il segretario emiliano-romagnolo, però, non ha ancora sciolto la riserva. “Un conto era Bonaccini che era un nome che univa – protesta Bianchi -, Manca è un nome che divide, tra l’altro sulla base di un patto nazionale che passa sopra le nostre teste”. “Manca – insiste – rappresenta una continuità totale rispetto al passato. E’ un uomo che salta fuori da una corrente di partito che è stata forse importante in passato ma che oggi non rappresenta più la totalità del partito e neanche della società civile”. “Dopo le riforme di Renzi – sottolinea – c’e’ bisogno di una Regione nuova e Bonaccini ha rappresentato questa idea di mutamento e innovazione necessaria”. A preferire Bonaccini alla guida dell’Emilia Romagna pure il deputato cuperliano Andrea De Maria.
Si scagliano duramente contro la possibilità che le candidature siano decise da un patto stretto nelle stanze romane del Pd, anche i renziani della prima ora, come il consigliere comunale di Bologna e membro della direzione regionale, Benedetto Zacchiroli, che ha chiesto a Bersani di smentire l’esistenza di questo accordo tra le due correnti democratiche. I renziani di primo rito fanno capo a Matteo Richetti che, qualche settimana fa, ha alzato la mano per candidarsi ma che, secondo voci insistenti, sarebbe prossimo al ritiro.
Critiche arrivano anche dall’area civatiana: “Sarò fuori dal coro, ma a me continua a sembrare singolare che la discussione sul futuro dell’Emilia-Romagna avvenga a Roma” mette in chiaro il consigliere regionale Thomas Casadei che sostiene la corsa alle primarie dell’ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani (renziano della prima ora), e che invoca un “confronto vero e primarie, non a Roma ma qui, in un ampio campo democratico e di centrosinistra”.
Ma non è finita: contro il patto sul nome di Manca si armano anche i prodiani. Amelia Frascaroli, assessore al Welfare del Comune di Bologna, vicina a Sel e, soprattutto, all’area dell’ex presidente del Consiglio, si schiera con l’assessore Bianchi e invita tutto il centrosinistra a ribellarsi all’accordo su Manca. “Renzi che fa un accordo con Bersani per mettere Manca alla presidenza dell’Emilia-Romagna getta nel più profondo sconforto ogni elettore del centrosinistra – attacca – L’Emilia-Romagna non è un feudo e non accetterà mai il Regno di Errani IV“. Secondo Frascaroli, “spetta a Renzi smentire l’esistenza di questo accordo che potrebbe minare la sua stessa credibilità. Spero che tutta la coalizione si ribelli e si dia finalmente inizio a un nuovo atto che non sia la continuazione di questa sceneggiata”.