“Il termine street food viene utilizzato un po’ troppo in Italia ultimamente – hanno detto Beniamino Nespor e Eugenio Roncoroni, gli chef del ristorante Al Mercato di Milano, a ilfattoquotidiano.it – Se si mette uno spaghetto all’astice tra due fette di pane non è street food, come non lo è la panzanella servita in un piatto di carta. Vorremmo ricordare che stiamo parlando del modo di nutrirsi della maggior parte della popolazione del mondo”. Beniamino ed Eugenio hanno ragione: lo street food è diventato parte integrante anche della dieta degli italiani. E in effetti, il bel Paese è ricco di specialità da consumare in maniera “fast”, in pausa pranzo, al lavoro o in vacanza. Basta fare un tour grastronomico per rendersene conto.
Il viaggio comincia con la Valle d’Aosta e il suo “cibo di sentiero”, più che di strada. Dopo le camminate in montagna e le ore di trekking, la pausa pranzo ottimale è un tagliere di salumi. Si può scegliere tra la moccetta, il prosciutto di Saint Marcel e quello di montagna aromatizzato di Saint Rhemy en Bousses. Quest’ultimo si può mangiare alla Prosciutteria sous le Pont de Bousses (Frazione Predumaz Falcoz, 47 Sainte Remy en Bousses Ao). Ma il salume “più street” è il lardo, da provare nella tartina dei salassi con pane nero e miele. Nei pressi di Aosta c’è il Chiosco (Frazione Chez Sapin 98/B, Fenis Ao), dove assaggiare il panino con lardo e fontina (prezzo 4-8 euro). Per i palati più orientati al dolce, invece, c’è la crema di Cogne della Pasticceria Perret (Rue Bourgeois, 59, Cogne). Stefano Vassoney la serve in versione “street”, in un barattolo con cucchiaino.
Il Piemonte è la culla della pasticceria: paste di meliga, baci di dama di Alessandria, krumiri di Casal Monferrato e miasse. Da assaggiare sono anche i gofri, cialde salate o dolci farcite (a Pinerolo c’è Io mangio gofri, in via Savoia 25). In Trentino Alto Adige dominano la scena i tipici wustel, che si mangiano bolliti, accompagnati da senape e brezel. A Bolzano vale una sosta il Chiosco di Sonia Ebner (Piazza delle Erbe) per assaggiare un meraner wustel. Un altro prodotto altoatesino da provare è lo smacafam (smorza fame) a base di farina, salsiccia fresca e latte, il tutto cotto al forno.
La regione Veneto propone cibo di strada differente da zona a zona. Nel bellunese c’è la puccia, il pane di Cortina riscaldato e accompagnato da formaggi: per assaggiarlo c’è il panificio Alverà (Piazza Fratelli Ghedina Pittori 14, Cortina D’ampezzo). A Vicenza il baccalà alla vicentina è stato trasformato in un perfetto cibo di strada e viene accompagnato dalla polenta abbrustolita. A Padova è d’obbligo l’aperitivo a base di spritz, magari accompagnato dai tradizionali folpetti, bavoletti e masenette (moscardini, lumachine e granchi), da mangiare a La Folperia da Max e Barbara (Piazza della Frutta, 1 Padova, prezzo medio 5-20 euro). Tornando all’estremo nord, in Friuli Venezia Giulia, si trovano gli strucchi e le gubanette di Udine, ossia la versione take away della gubana, un dolce a base di nocciole tritate, noci, uvette e pinoli. Per mangiare questi dolci andate alla Pasticceria Gelateria Ducale (Piazza Picco 24, Cividale del Friuli). Trieste, invece, come cibo di strada propone i cevapcici, piccole polpette di carne mista che, condite con l’ajvar (salsa di peperoni e melanzane), si possono mangiare anche nel panino. Da assaggiare quelli di Rustiko (via Madonnina 19/A, Trieste; prezzo medio 7-10 euro) e quelli di Street Food Trieste (Piazza Duca degli Abruzzi 4; prezzo medio 3-5 euro).
Nella riviera ligure, la pausa pranzo per eccellenza è la la fugassa (focaccia). Ce ne sono di molti tipi: c’è quella di Recco con il formaggio, che si può mangiare al Panificio Moltedo dal 1874 (via XX Settembre 2, Recco) e c’è la piscialandrea di Imperia con cipolla, pomodoro, aglio, olive taggiasche e acciughe, sostituite dalle sardine a Sanremo, nella sardenaira. Nei pressi di Imperia c’è la Panetteria Blengini (via San Giovanni 10 Oneglia), a Sanremo La Teglia (corso Garibaldi 160). Merita una tappa anche lo storico locale La Pia (via Magenza 12, La Spezia), che sforna ogni giorno focacce, farinate e castagnaccio.
A ognuno il suo spuntino ideale in un Paese dove lo street food si trasforma in qualcosa di più. Non è più solo “mangiare per strada”, ma è la porosità della carta che avvolge il panino, le mani sporche di salsa che cola e il profumo del cibo preparato al momento sul truck. È una dichiarazione d’amore gastronomica, in tutta la sua semplicità.