Qual è la prima ‘domanda giusta’ da porsi prima di prepararsi al cambiamento? Dopo aver accompagnato con piacere centinaia di ‘cambi di vita’ dal ‘for profit’ al ‘non profit’, sono convinto che la domanda preliminare da farsi “prima di partire” è “Perché?” L’intensità e la qualità della risposta al ‘Perché’ alla fine determinerà il successo (o il ‘rimandare’).
Nella ‘letteratura’ – ormai piuttosto inflazionata e un po’ naif- sul cambio vita, si mette molto l’accento sulla motivazione. La maggior parte delle persone si chiedono invece direttamente ‘Come?’. Sono entrambi approcci che non condivido molto e le domande – “Posso farcela veramente a cambiare vita?”, “Cosa Posso fare?”, “Come faccio?”, devono essere sempre poste dopo, mai prima del ‘Perché’.
Esploriamo quindi insieme questo primo passo. Di solito troviamo tra i ‘perché voglio cambiare vita’ motivazioni quali: “mancanza di senso”, “voglia di mettere le mie competenze al servizio di qualcosa che vale veramente”, “sono stufa-o di lavorare per far guadagnare una multinazionale” “sono nauseata/o“, e simili –sanissime – premesse, in cui molti di voi si riconosceranno. Premesse necessarie, ma non sufficienti.
Aristotele nella sua Etica, giunge alla conclusione che il fine (il ‘perché ultimo’) dell’uomo è raggiungere la felicità nella compiuta realizzazione della propria natura e della virtù. Conclusione tornata di moda in un momento in cui si cerca di arginare-archiviare il Pil come misura di tutto e ci si inizia a ‘misurare’ su indici che tengono conto anche della felicità- e del benessere.
Hannah Arendt afferma che lo stadio di maggiore realizzazione dell’uomo è quello della partecipazione sociale e politica, ancor più di quella lavorativa ed artistica (vedi ‘Vita Activa, La condizione Umana’, 1958).
Coerentemente con quanto sopra citato e con la natura del settore, il Perché voglio cambiare vita e lavorare nel non profit non è una questione che attiene solo all’Io (“Perché IO mi sono stufato“, “Perché IO voglio essere felice“) ma esige un ‘Perché Sociale’ – attiene molto al ‘Mondo’, al ‘Noi’, e soprattutto agli ‘Altri’.
Insomma, per cambiare vita (‘direzione non profit’) dovete essere disposti a ‘essere per gli altri’ e arrivare a delineare una vostra – piccola o grande – missione personale, a partire da quello che sentite-vi emoziona di più, che vi piace fare per e con gli altri, da bisogni sociali urgenti a cui voi pensate di poter dare un contributo qualificato. Dovete avere una gran voglia di ‘fare la differenza’, non solo e non tanto di ‘aiutare le vecchiette’ ma anche di ‘cambiare il sistema’ . In ogni caso, di ‘Creare Valore Sociale’, se possibile in modi innovativi e su ampia scala.
Risposte efficaci e ‘prognosticamente favorevoli’ che ho sentito spesso sono ad esempio: “Perché voglio e sento di poter fare progetti efficaci per aiutare le donne, o i bambini” o “Perché sento di poter incidere nelle scelte culturali o politiche” o “Perché ho molta voglia di creare e gestire al meglio progetti innovativi“… vedete bene che un ‘perché sociale’ chiaro è la porta di ingresso nel sogno personale, che si svilupperà progressivamente in voi in modo sempre più chiaro.
Definito un ‘perché sociale’ – dovrà anche essere abbastanza forte-maturo per permettevi di andare avanti (esclamerete cose del tipo: Voglio!, non “Vorrei…”; “Nonostante tutto lo farò!”, non “Eh, se solo avessi più tempo per impegnarmi…”).
Da qui ripartite con le altre tre domande:
Cosa voglio fare? Più nel dettaglio, include anche il DOVE – es. Italia o Paesi in Via di Sviluppo, ed il COME.
Cosa posso fare? In base alle competenze pregresse, al tempo, al capitale che ho, ad eventuali soci-colleghi-partners-finanziatori, ed alla vostra attitudine al rischio.
Cosa potrei fare? In relazione alle opportunità e trend lavorativi – e qui dovete conoscere il settore non profit ed i suoi sviluppi ed opportunità, per definire le vostre prospettive.
Attenti perché la domanda più insidiosa delle tre è il ‘Cosa posso fare’. Ne ho parlato ampiamente in altri miei post sul tema, che trovate nel Blog.
In un approccio prudente e ‘biografico’, quello che propongo, maggiore è l’età e più definito il curriculum, più dovrete essere coerenti: ho fatto spesso l’esempio del fundraising. A 40-50 anni potete certamente avviarvi su questa carriera, se venite da un ambito commerciale, di comunicazione, di psicologia, di marketing, di economia. Se- a 40-50 anni venite da Antropologia o Ingegneria, ci sono altre strade più coerenti. Se – per fare un altro esempio molto comune – sempre in riferimento a questa fascia di età, volete fare cooperazione internazionale ma non parlate una parola di inglese, ragazzi, mi spiace ma NON POTETE!
In un approccio ‘motivazionale’ – che per esperienza non mi convince, ‘volere è potere’: come potete camminare sul fuoco così potreste imparare inglese e francese in due anni e partire in missioni internazionali. Difficilmente una qualsiasi Ong vi prenderà in considerazione, nessuno vi pagherà perché non avete né competenze né esperienza – potreste sempre contare di collaborare a livello volontario su amici che hanno associazioni, creare un vostro progetto, sperare in un colpo di fortuna.
Ma il rischio sarebbe troppo alto: la motivazione è necessaria ma non sufficiente e servono competenze, relazioni ‘giuste’, strategie di ingresso professionale.
Quindi, nell’immediato suggerisco ai “sognatori” (coraggio!): cercate esempi ‘inspiring’ in cui vi ritrovate (anche solo nei miei post precedenti ce ne sono molti), andate a vedere i siti di organizzazioni come Medici senza Frontiere, Save the Children, Oxfam, Peter Pan Onlus, Nesta Uk, The Young Foundation e ‘assorbite’ storie, progetti e percorsi possibili. Parlate con diverse persone che lavorano nel settore, per avere un quadro non troppo idealizzato foriero di possibili delusioni…
Vi lascio – per questa volta – con molte domande, qualche sogno e poche risposte. Ma, si sa, “le domande giuste rendono saggi”!
Puoi anche scrivermi: m.crescenzi@asvi.it – con riferimento al titolo del post- “Cambio vita-4 domande” (e attendete con pazienza la riposta, arriverà :-)
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