Proprio perché non ho condiviso modi e toni della sua esternazione, trovo ancora più intollerabile la campagna trasversale, mediatica e politica, tesa a reclamare le sue dimissioni da vice presidente della commissione Esteri perché “incompatibile con il ruolo”.
Chi urla e strepita potrebbe presto scoprire di aver segato il ramo dove stanno seduti ben altri incompatibili. E’ compatibile con l’ordinamento democratico che un condannato in via definitiva discuta di riforma costituzionale? Sono più pericolose le frasi “in libertà” di un parlamentare o le azioni di un ex cavaliere che, mentre frequenta i servizi sociali, assicura i voti determinanti per cambiare la legge fondamentale di uno Stato democratico?
Ai viventi la non ardua sentenza.