Una mail inviata ai genitori del reporter il 12 agosto, una settimana prima della diffusione del video, annunciava la decisione di uccidere il cronista. "Il vostro governo non ha voluto pagare, come altri hanno fatto". La famiglia e l'editore del GlobalPost cercarono di raccogliere il denaro necessario
“Per quanto tempo le pecore seguiranno il pastore cieco?”. Inizia con queste parole, scritte tutte in caratteri maiuscoli l’email che l’Isis inviò ai famigliari di James Foley il 12 agosto scorso, una settimana prima che venisse mostrato il video della sua esecuzione. Il testo è stato pubblicato oggi sul sito del GlobalPost, per il quale il giornalista lavorava, con l’autorizzazione della famiglia. Sottotitolo della mail, “messaggio all’America ed ai loro cittadini-pecore”.
“Vi abbiamo lasciati soli dopo la vostra vergognosa sconfitta in Iraq – continua la lettera – non abbiamo interferito nel vostro Paese o attaccato i vostri cittadini mentre stavate tranquilli a casa, nonostante avessimo la capacità di farlo”, prosegue la mail, nella quale lo Stato islamico sostiene di “aver dato molte possibilità di negoziare il rilascio della vostra gente attraverso il pagamento di denaro, che altri governi hanno accettato”. Un dettaglio, questo, che concorda anche con quanto affermato dall’editore del GlobalPost, Phil Balboni, ai microfoni della Cnn. I famigliari di James Foley e il giornale, infatti, nelle scorse settimane avrebbero cercato di raccogliere il denaro per pagare il riscatto chiesto dai jihadisti. L’editore ha spiegato che si stava cercando di mettere insieme una cifra compresa tra i 2,6 ed i 5 milioni di dollari, quanto pagato per il rilascio di altri ostaggi, in particolare europei, sulla base di quanto da loro stessi raccontato. Ieri, lo stesso Balboni aveva detto che i jihadisti avevano chiesto un riscatto di 100 milioni di euro. L’editore del GlobalPost ha poi detto che lui e la famiglia del giornalista rapito in Siria nel 2012 e decapitato tre giorni fa hanno capito che non c’era più niente da fare quando, l’8 agosto scorso, sono iniziati i raid americani sul nord dell’Iraq.
Oltre alla possibilità del riscatto, nella mail dell’Isis si sostiene anche che in cambio del rilascio di Foley sarebbe stato proposto “uno scambio di prigionieri per liberare i musulmani attualmente da voi detenuti, come la nostra sorella Afia Sidiqqi (scienziata pachistana in carcere negli Stati Uniti, soprannominata Lady al-Qaeda, ndr), ma avete dimostrato subito che questo non vi interessava”. “Adesso – prosegue ancora la mail – tornate a bombardare i musulmani iracheni, questa volta con attacchi aerei ed ‘eserciti per procura’, restando in maniera codarda lontani da un confronto faccia a faccia. Oggi abbiamo sguainato le nostre spade contro di voi, governo e cittadini”. E, minaccia l’Isis, “non ci fermeremo fino a quando la nostra sete del vostro sangue non sarà soddisfatta, voi non risparmiate i nostri deboli, anziani, donne e bambini e noi faremo lo stesso. Voi e i vostri cittadini pagherete il prezzo dei raid”. Il “primo a pagare” questo prezzo, conclude la mail, sarà James Foley: “Sarà giustiziato come risultato diretto delle vostre colpe verso di noi”.
Sul fronte delle indagini, intanto, le forze dell’ordine inglesi stanno cercando di arrivare all’identità dell’ormai famigerato John, il boia del giornalista americano, jihadista presumibilmente britannico comparso nel video che mostra la decapitazione. Secondo quanto riportato dal Telegraph per gli investigatori la chiave per identificare il miliziano potrebbe essere Shajul Islam, un medico londinese del Servizio sanitario nazionale, ora sospeso, che era stato arrestato con l’accusa di aver rapito un giornalista britannico – Jonh Cantlie – due anni fa in Siria, e poi rilasciato per mancanza di prove. L’uomo, 28 anni, si era sempre dichiarato innocente, sostenendo di essere andato in Siria nella sua veste di medico, per assistere i feriti della guerra civile in corso nel Paese da oltre anni. Anche suo fratello Razul, 21enne, è andato in Siria, sostiene il quotidiano britannico, e potrebbe essersi arruolato nelle fila dell’Isis. L’intelligence lo ha messo in testa alla lista dei sospetti. In particolare si cerca di capire se Shajul e un suo amico, il 24enne Jubayer Chowdhury, anche lui arrestato per lo stesso rapimento, possano avere informazioni sull’identità del jihadista.