Era operativa da circa 40 anni nella città svizzera di Frauenfeld, godendo di una certa autonomia, un’articolazione della ‘ndrangheta direttamente collegata a cosche di Fabrizia di Vibo Valentia e ai Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un decreto di fermo emesso dalla procura distrettuale antimafia nei confronti di 18 affiliati alla ‘ndrangheta. Dalle indagini è emerso che l’organizzazione è di fatto un clone del modello calabrese ed è strettamente dipendente con l’organismo di vertice in Calabria. Anche dal punto di vista gerarchico con riferimento a ruoli, cariche e gradi ed agli incontri in “società” con le stesse modalità, formule e rituali. C’era dunque una suddivisione “verticale” tra “maggiore” – di cui fanno parte gli esponenti più anziani e con pregressa militanza nelle cosche reggine – e la “minore” di cui fanno parte gli esponenti di più recente affiliazione. Nel corso delle riunioni, il presunto boss Antonio Nesci impartiva le disposizioni per la conduzione delle attività illecite, incitando i più giovani ad occuparsi del traffico di droga (“Chi vuole lavorare può lavorare, c’è lavoro su tutto: estorsioni, coca, eroina. 10 chili, 20 chili al giorno ve li porto io! Personalmente!”). Altri riferimenti ad attività delittuose sono emersi dalle intercettazioni, quando i presenti facevano riferimento ad altri “locali”, a ‘ndrine ed a regole mafiose, a contrasti con altri “locali”, alla dipendenza da Fabrizia, ad omicidi ed estorsioni la cui decisione era demandata a chi disponeva di cariche speciali (“Se dobbiamo parlare di omicidi, di estorsioni, ci riuniamo quei tre, quattro, cinque, come ho sempre detto”)