Neppure con lo Sblocca Italia il governo intende affrontare un’inversione di rotta sul tema delle grandi opere pubbliche. Inversione necessaria perché abbiamo tanti porti, aeroporti e ora anche tratti di Alta Velocità come la Torino-Milano inutilizzati che dovrebbero farci riflettere sul pressapochismo utilizzato per prendere simili decisioni. Lo Sblocca Italia conferma tutti gli interventi già programmati, quando le reti si disegnavano sulla lavagna senza valutazioni indipendenti sull’effettiva domanda di traffico e con una generalizzata sottostima dei costi. Le opere una volta concluse venivano puntualmente stigmatizzate dalla Corte dei Conti (alti costi, procedure e spesso sottoutilizzate) ma oramai la frittata era fatta.
E pensare che in queste aree l’AV è stata esclusa nei tracciati proprio pochi anni fa e i progetti, poi realizzati, avevano escluso questi collegamenti che Etihad ci ha suggerito di realizzare come condizione per il matrimonio con Alitalia. Nel decreto ci sarebbe anche un piano di piccole opere da attivare su tutto il territorio nazionale. A parte la capacità effettiva di sostenere economicamente i costi dei due maxi piani assieme sembrerebbe più consono, con le emergenze del Paese, l’adozione di un piano di piccole opere. L’effetto sulla crescita occupazionale sarebbe immediato: non c’è l’attesa dei grandi progetti prima di avviare i lavori, le procedure sono di fatto semplificate, sono prioritarie le manutenzione delle scuole, delle reti idriche, del riassetto del territorio e del recupero di volumi immobiliari abitativi e industriali vuoti, grandi bonifiche ambientali di Taranto, Brescia e Marghera. Anziché selezionare la spesa pubblica, adottare meccanismi innovativi per la sua utilizzazione (valutazioni costi benefici), lanciare meccanismi di gara europei generalizzati, puntare su nuovi e informatizzati sistemi di gestione delle reti il governo si arena nuovamente nel pantano dei vecchi criteri inefficienti.
Tutto indicherebbe la necessità di orientarsi verso investimenti labur intensive (alta densità occupazionale) piuttosto che capital intensive (ad alta intensità di capitali che non ci sono e quando ci sono costano molto).