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Terrorismo: le ragioni del nemico

Non condivido i commenti critici, in genere ipocriti e tendenziosi, alle recenti dichiarazioni del deputato M5S Di Battista a proposito del terrorismo. Infatti, Di Battista ha sostenuto che c’è un legame fra ingiustizia sociale e terrorismo e che il terrorismo dei gruppi fondamentalisti costituisce la risposta a un altro terrorismo precedente, quello delle Potenze occidentali che si concretizza nei bombardamenti indiscriminati, nelle torture, ecc. Inoltre ha sostenuto la necessità del dialogo, che costituisce comunque a mio avviso un elemento fondamentale in ogni situazione.

Direi di più. Allargherei cioè il discorso al fatto che il terrorismo è un prodotto inevitabile di questo sistema mondiale oppressivo basato sul dominio di una minoranza sempre più piccola di sfruttatori su una maggioranza sempre più ampia di sfruttati. Bisogna peraltro intendersi preliminarmente sul significato del termine “terrorismo”. A suo tempo ho proposto una definizione basata sull’identificazione della natura e degli effetti delle azioni violente intraprese. Sono di natura terroristica tutti gli attacchi violenti volti a colpire in modo indiscriminato la popolazione civile, a terrorizzarla per ottenere risultati utili dal punto di vista politico.

Applicando tale criterio, l’unico giuridicamente possibile e proficuo, avremo certamente delle sorprese, specie dal punto di vista dell’ortodossia della cosiddetta ragione dominante. Vanno infatti qualificati di natura terroristica gli attacchi compiuti da Israele contro la popolazione di Gaza che hanno fatto oltre duemila vittime in poche settimane, come pure i bombardamenti effettuati impiegando fosforo bianco e altre armi ad effetti incontrollabili da parte delle forze statunitense a Falluja e in altre località dell’Iraq a suo tempo occupato. Come pure gli attentati costantemente organizzati a Cuba da parte dei gruppi anticastristi di Miami, organizzati, finanziati ed addestrati da parte della Cia.

Certamente anche la risposta che ne è derivata può essere qualificata in taluni casi come di natura terroristica. Così per i lanci dei pur inefficaci razzi da parte di Hamas che per loro stessa natura non risultano indirizzabili su di uno specifico obiettivo in ipotesi legittimo, o le attuali imprese militari di raggruppamenti come l’Isis caratterizzati, per di più da un’ideologia discriminatoria e fondamentalista che peraltro costituisce a sua volta la risposta a secoli di oppressione coloniale e di tentativi di rapinare le risorse naturali e di imporre sistemi estranei, da parte dell’Occidente e, per una fase, anche da quella dell’Unione sovietica.

Così non è stato invece per quanto riguarda un soggetto maturo e politicamente responsabile come il governo cubano che, pur di fronte a un attacco pluridecennale sanguinoso che ha fatto fra le file del popolo migliaia di morti, ha risposto in modo pacifico e intelligente infiltrando tra le file dei terroristi di Miami gli agenti che hanno sventato ulteriori attacchi e sono stati per questo motivo incarcerati dalle autorità di Washington. Tre di essi, Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero e Ramon Labanino, sono tuttora in carcere a quasi sedici anni dal loro arresto mentre invece meriterebbero, insieme agli altri due già scarcerati, René Gonzalez e Fernando Gonzalez, il premio Nobel per la pace.

Di fronte all’attentato alle Torri gemelle il governo degli Stati Uniti ha scelto invece un approccio del tutto opposto, lanciando, con grande giubilo del complesso militare-industriale,  la cosiddetta “guerra al terrorismo” che, quindici anni dopo, si rivela essere stata, come appare con palmare evidenza ovunque, dal Medio Oriente, all’Africa ad altre zone del pianeta, l’occasione per il rilancio di una minaccia terroristica oggi più che mai pericolosa e vitale.

“Comprendere le ragioni del nemico” costituisce d’altronde, fuori da ogni logica isterica e strumentale, un passaggio indispensabile per sconfiggerlo ovvero per concludere una pace dignitosa che ponga fine alle inutili sofferenze delle popolazioni civili.

Ciò è tanto più vero perché le radici stesse del fenomeno sono ben interne all’attuale sistema di dominazione mondiale. Bisogna partire quindi dalla necessità urgente di trasformare tale sistema, il che comporta un’inevitabile rivoluzione in Occidente. E distinguere accuratamente tra i vari tipi di terrorismo, senza dimenticare quelli di Stato, che per molti versi sono i peggiori,  e condannando ovviamente senza appello quelli di gruppi settari e reazionari come l’Isis, contro i quali va organizzata l’autodifesa delle popolazioni colpite.

In sintesi conclusiva, l’unica risposta vincente al terrorismo è la democrazia organizzata del popolo, che si munisce di tutti gli strumenti necessari a difendersi ed eliminare le oscure manovre dei gruppi di potere, comunque travestiti e denominati.