Noi italiani spesso ci vergogniamo dei comportamenti dei connazionali in vacanza. Quando siamo all’estero i freni inibitori si allentano e, di conseguenza, aumentano a dismisura i rischi di condotte pacchiane o inconsulte.
Se l’attore Alessandro Gassman, sul suo blog sul ilfattoquotidiano.it, ha avvertito la necessità di sottolineare la compostezza (seppur immaginaria) degli italiani in occasione di un check-in della compagnia di bandiera in un volo di rientro da Los Angeles, ci sarà un motivo. Rimarcheremmo il contegno civile di viaggiatori stranieri in uno scalo romano, londinese o madrileno? Probabilmente no.
La notizia dei tre italiani nudi per le vie della Barceloneta, quartiere popolare che si affaccia sul litorale della capitale catalana, sembra infrangere il sogno onirico dell’attore. La foto “gaudente” ha trovato spazio sui portali dei maggiori siti informativi europei e dell’America latina, di sicuro ha scatenato la frustrazione dei residenti.
È il “cafonal” formato esportazione, grossolanità, beninteso, non solo italiane. Barcellona accoglie più di 7 milioni di turisti all’anno, nel tempo si è costruita l’etichetta di “città friendly”: divertimento notturno, facile consumo di alcool e, da qualche tempo, anche di droghe leggere. E’ denominato “turismo cannábico” il fenomeno legato all’attrazione esercitata dai “club Maria”, più di 160 associazioni private disseminate sull’intero tessuto urbano consentono l’acquisto e il consumo legale di cannabis. E ancora grandi servizi aeroportuali, rotte low cost dalle principali città europee, ampia offerta di alloggi a buon mercato.
Secondo l’Associazione dei residenti il quartiere della Barceloneta è divenuto l’epicentro del “turismo de borrachera”, una nuova Lloret de Mar nel pieno centro della capitale. I residenti, riuniti in assemblea nella plaça del Mercat, hanno invocato controlli, un nuovo modello di accoglienza e tolleranza zero verso la ricettività a basso costo.
La Generalitat, l’ente regionale di Catalogna, da qualche tempo prova a mettere un argine, lo scorso luglio ha avviato politiche più restrittive comminando una multa di 30 mila euro alla società statunitense che gestisce airbnb.com, sito web che offre centinaia di appartamenti in affitto per giorni o per settimana. Il portale favorirebbe l’elusione fiscale e contravverrebbe le regole poiché un numero consistente di alloggi non sarebbe inserito negli appositi registri degli operatori turistici. Provvedimento impugnato dalla società americana la quale da un lato dialoga con le istituzioni per trovare una soluzione e, dall’altro, denuncia l’inutilità di una misura che potrebbe frenare la crescita dei flussi turistici e ripercuotersi sui 4000 nuovi posti di lavoro creati dal portale.
Basteranno atti e sanzioni amministrative a fermare i coatti d’esportazione?