La denuncia di Lorenzo Torto, 26enne affetto da tetraparesi spastica: il centro per l'impiego del Comune abruzzese offre alle persone diversamente abili posti da gruista, carrozziere, saldatore, verniciatore. Un escamotage per aggirare la legge 68/99 sulle quote riservate. L’Italia, già sanzionata dalla Ue per non aver recepito la direttiva contro le discriminazioni in materia di occupazione, rischia una seconda condanna
Il centro per l’impiego di Chieti cerca gruisti, carrozzieri, saldatori, verniciatori, sarti tagliatori, manutentori meccanici. Queste le offerte di lavoro riservate a luglio ai diversamente abili, in base alle legge 68/99. Molto difficile, però, immaginare un disabile nei panni del gruista o del saldatore. Di certo non potrebbe salire su una gru Lorenzo Torto, un ragazzo di 26 anni di Chieti affetto da tetraparesi spastica e costretto su una sedia a rotelle. E’ stato lui a scoprire il fatto e a presentare un esposto alla Procura, corredato dalla sentenza della Corte di giustizia europea che l’anno scorso ha sanzionato l’Italia per non aver recepito la direttiva 2000/78, che combatte le discriminazioni in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. “Mi auguro che il magistrato si pronunci al più presto, stabilendo se queste mansioni decisamente fisiche siano compatibili con la condizione di diversamente abile”, dice al fattoquotidiano.it Torto. Che è oggi tra i più attivi paladini nella battaglia per i diritti dei disabili italiani nel mercato del lavoro. Proprio una sua petizione fu alla base della condanna del nostro Paese – dove l’84% dei portatori di handicap in età lavorativa non ha un impiego – da parte dell’Europa. L’anno scorso è stato anche convocato dal Parlamento europeo per presentare le sue richieste. “Purtroppo l’Italia non ha ancora recepito pienamente questa direttiva comunitaria, nonostante il pronunciamento europeo. È trascorso oltre un anno e nulla di concreto si è mosso. Se proseguiamo su questo binario riceveremo presto una seconda condanna. E intanto assistiamo a questi schiaffi alla dignità umana”.
Ma come è potuto succedere che alcune imprese, con il viatico di un Centro per l’impiego, abbiano messo nero su bianco offerte del genere? “La direttiva europea”, spiega Torto, “parla chiaro. Impone al datore di lavoro di assumere lavoratori diversamente abili ma al tempo stesse chiede di trovare soluzioni ragionevoli. E quindi afferma, al di là del buon senso, che mai un disabile potrebbe andare a fare il gruista o l’elettricista o altre mansioni impossibili“. Di conseguenza, secondo Torto, “la ricerca del Centro per l’impiego di Chieti è un falso in atto pubblico. La colpa è sia delle aziende, sia, ovviamente, del centro per l’impiego stesso: possibile che i suoi funzionari leggano quel genere di mansioni e non ne colgano al volo l’assurdità prima di firmare? Non si rendono conto della sofferenza che arrecano a persone già costrette a vivere su una sedia a rotelle?”.
A chi finiranno, dunque, questi posti di lavoro sulla carta riservati agli invalidi? “È il classico metodo. A un certo punto diranno: “Io ho cercato dei disabili, come ci impone la legge, ma non li ho trovati””, sostiene Torto al fattoquotidiano.it. “Quindi, trascorso un determinato lasso di tempo, assumeranno persone perfettamente sane in quota legge 68/99. È un meccanismo perverso”. La legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”) ha come finalità “la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”. I datori di lavoro sono obbligati a assumere un lavoratore disabile se l’azienda occupa dai 15 ai 35 dipendenti, due dai 36 ai 50 dipendenti e il 7 per cento di tutti gli occupati se l’impresa conta più di cinquanta addetti. “La 68/99 non vale nulla, perché in realtà non obbliga il datore di lavoro ad assumere un diversamente abile, non avendo in sé sistemi sanzionatori tali da punire il datore di lavoro disonesto”, è la conclusione di Torto. “O meglio, una sanzione esiste: due o tre euro per ogni giorno “fuorilegge”. Una miseria. All’imprenditore conviene pagare la penale”.