L’ultima risposta ricevuta è: “Il suo contatore risulta aperto”. Strano perché è da metà luglio, da quando cioè due addetti dell’Italgas l’hanno portato dall’interno all’esterno dell’appartamento, che la manopola risulta sigillata. Però Eni non lo sa. Anzi “se il sistema non si riallinea, noi non possiamo mandarle nessuno perché per noi è aperto”. E quanto ci vuole a riallineare il sistema? Tre giorni. E’ una bizzarra conclusione perché venerdì dal numero 0691616 (quindi dall’Eni medesima), si comunicava al malcapitato che “il sistema era allineato” e che sarebbe arrivato un tecnico (“credo entro mercoledì”). Un ulteriore tecnico particolarmente zelante, dunque, deve essere penetrato in casa nostra nottetempo tra sabato e domenica, deve aver aperto la manopola e avvisato la multinazionale energetica della perfetta riuscita dell’operazione.
Del resto nell’Italia del 2014 spostare un contatore è operazione complicata. Che richiede tempo e determinazione. Già la procedura di avvio è quella che è: 1) Si chiama il numero verde. 2) Si aspetta per posta l’arrivo della modulistica. 3) Si riempiono i moduli. 4) Si mandano via fax (ah, la modernità). 5) Si aspetta per posta l’arrivo del “preventivo” (la modernità funziona solo in una direzione). 6) Si accetta il preventivo (sempre via fax). 7) Si richiama l’Eni che ti spiega: “Loro spostano il contatore, ma poi deve esserci il suo idraulico di fiducia a collegarlo alla rete”. Perché? “Perché altrimenti è monopolio”. Beh, certo. 8)Dalla richiesta via telefono ai due tecnici Italgas che bussano alla porta passa circa un mese. A questo punto i signori spostano l’oggetto, ma non lo collegano alla rete perché frattanto in casa sono iniziati anche dei lavori di ristrutturazione. Praticamente dal contatore esterno si è collegato un tubo che fornisce gas alla cucina. Non propriamente un’operazione di ingegneria aerospaziale.
Comunque intorno a inizio agosto si riprova a far riaprire il contatore. E’ a quel punto che la burocrazia statal-aziendale dispiega tutta la propria capacità di farti perdere tempo senza alcun apparente motivo. Chiamando infatti l’Eni ti risponde inizialmente che se ne occupa Italgas. La quale azienda ci tiene molto a conservare la privacy del proprio numero verde. In rete troverete solo quelle per le dispersioni a cui è fatto divieto di telefonare. Tra un forum e l’altro, però, il dannato numero si ritrova. Appena finisce il segnale telefonico di libero parte la musichetta di… Eni. Vabbè.
Al detto numero verde ti comunicano che “la normativa è cambiata” e che ti manderanno “per posta” (brivido freddo) la modulistica (i famigerati moduli I/40 e H/40). L’Eni ti lascia però una via d’uscita: “Può andarli a ritirare in un Eni Store”. Bene. Ancora pieno di speranze uno si reca all’Eni Store e gli consegnano due moduli da perito tecnico: vogliono sapere tutto sull’impianto, tubi, valvole, pressioni, captazioni. Bisogna anche fargli un disegnino di come è fatto. In più chiedono la certificazione della ditta che ha assemblato l’impianto con l’allegata registrazione alla Camera di Commercio. Recuperato l’intero materiale bisogna inviarlo “via posta” a Italgas. Bene. L’11 agosto la pratica viene spedita via raccomandata. Il giorno 12 l’Italgas la riceve. Il più pare fatto.
Manco per il cavolo. Il giorno 14 lo sventurato apprende che “la sua modulistica è incompleta”, manca un modulo. Quale modulo? Quello che non ti hanno mai consegnato, ovviamente. E’ una sorta di upgrade dell’I/40, all’apparenza segretissimo (non si può scaricarlo da nessuna parte) e ovviamente te lo devono “spedire per posta”. Grazie alle insistenze della ditta certificante si riesce alla fine ad ottenerlo “via fax” (ah, la modernità capitolo II). Lo si compila, lo si spedisce, si telefona… Niente. E’ il 25 agosto. Pare sia già aperto. Non lo è.