Attenzione a mettere una foto di altri soggetti sul proprio profilo in un social network, spacciandosi per questi ultimi, anche solo attraverso la foto, perché il fatto può costare molto caro.

La Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 16 giugno scorso, ha infatti stabilito il principio in base al quale: “Integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.), la condotta di colui che crei ed utilizzi un ‘profilo’ su social network, utilizzando abusivamente l’effige di una persona del tutto inconsapevole, al fine di comunicare con altri iscritti e di condividere materiale in rete”.

Non è la prima volta che la Cassazione stabilisce il principio della sostituzione di persona sui social network, e già nel 2013 c’era stata la conferma di una condanna da parte del Supremo Collegio, in virtù dell’inserimento, da parte di un soggetto non autorizzato, di dati identificativi di terzi sui social network. In quel caso l’imputata, per vendetta, aveva pubblicato il numero di cellulare della sua ex datrice di lavoro all’interno di una chat erotica. La datrice di lavoro era stata oggetto da quel momento di numerosi sms di contenuto offensivo e diversi mms con immagini pornografiche.

La Cassazione aveva inoltre ritenuto sussistere nel 2012 il delitto di sostituzione di persona anche  nella condotta di colui che crei ed utilizzi un “account” ed una casella di posta elettronica, servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’inadempimento delle obbligazioni conseguenti all’avvenuto acquisto di beni mediante la partecipazione ad aste in rete.

La novità di quest’ultimo pronunciamento del Supremo Collegio risiede nel fatto che il soggetto condannato dal Tribunale di Palmi prima e dalla Corte d’appello di Reggio Calabria poi, e per cui la Cassazione ha confermato la condanna, non aveva indicato dati identificativi di un terzo (ad esempio il nome e cognome) associandolo ad un profilo cd “fake”, ma aveva semplicemente postato sul proprio social network (nel caso di specie Badoo) la foto di un soggetto ignaro, utilizzando però nickname che richiamavano in qualche modo il nome dell’inconsapevole effigiato, chattando poi con altri soggetti. Associato alla foto vi era un profilo con una descrizione tutt’altro che lusinghiera (ad esempio nelle informazioni personali era riportata la dicitura “Mangio solo cibo spazzatura e bevo birra… quando mi ubriaco vado su di giri”).

La mancata identificazione specifica del soggetto ritratto nelle foto era  stata, tra le altre, la difesa del “fantasioso” frequentatore del social network. Il legale dell’imputato aveva infatti sostenuto che la “mera pubblicazione di un profilo su Internet, non del tutto riferibile alla persona offesa, della quale viene solo utilizzata una fotografia e non anche il nome” non potesse integrare il delitto di sostituzione di persona. La Cassazione è stata però di diverso avviso evidenziando quindi sempre più come qualsiasi utilizzo improprio di dati di terzi (anche attraverso nickname o fotografie), possa portare alla condanna per sostituzione di persona.

Attenti, dunque, qualora non possediate il fatidico “physique du rôle” a mostrarvi “baldanzosi” in chat e ad attribuirvi caratteristiche (soprattutto immagini fotografiche) appartenenti ad altre persone. Al di là della prevedibile delusione al primo incontro da parte della persona prescelta, potreste anche incappare in una spiacevole sorpresa legale.

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