Niente più presunzione di innocenza. “Chiunque sia cittadino britannico e torni dalla Siria o dall’Iraq senza dare alla frontiera una valida spiegazione del perché vi sia andato, dovrà essere considerato potenziale terrorista e indagato”. A chiederlo è il sindaco di Londra Boris Johnson, uno dei più importanti esponenti del partito conservatore del Regno Unito e, va sottolineato, in corsa per un posto da parlamentare alle elezioni politiche del maggio 2015. Un appello quindi che profuma di tornaconto elettorale, ma che è anche sintomatico del nuovo clima che si respira a Londra e dintorni. Quei 1.500 jihadisti britannici – questa è la stima del quotidiano di Rupert Murdoch, The Times – che attualmente operano fra Siria e Iraq al soldo dello Stato Islamico (Is) cominciano a preoccupare. Quale sarà il loro comportamento, quali saranno le loro azioni una volta che saranno tornati al di qua della Manica? Tutti ora se lo chiedono, per calcoli elettorali, a volte, ma anche per genuini timori.
Del resto, nelle ultime ore, la richiesta di maggiore fermezza contro la Jihad allevata sotto il Big Ben è arrivata anche da esponenti religiosi. Cristiani chiaramente, come George Carey, ex arcivescovo di Canterbury ed ex seconda figura più importante della Chiesa anglicana dopo la regina, che comunque non ha alcun vero ruolo nella confessione. Secondo Carey, ai jihadisti britannici dovrebbe essere tolta la cittadinanza, posizione subito ben accolta e supportata anche da un altro politico conservatore, David Davis, parlamentare Tory, ex ministro ombra quando il partito di David Cameron era all’opposizione e uno dei deputati più “libertari” e “liberali” nel palazzo di Westminster, almeno questo riportano le cronache britanniche. Anche per Davis, chiunque si macchi del reato di istigazione all’odio dovrebbe essere privato del passaporto e dei diritti di tutti gli altri cittadini del Regno Unito.
Una chiamata all’isolamento dei potenziali terroristi che nelle ultime ore ha interessato, anche se non ancora in modo esplicito, persino alcuni esponenti laburisti. A Londra, tuttavia, le attività di polizia e di intelligence conto i jihadisti è partita già da anni, in tempi non sospetti, con diversi casi legali di imam (guide spirituali ma anche effettive delle moschee) che sono stati estradati, processati, condannati e messi al bando. I tabloid, negli ultimi anni, hanno approfittato di questo clima del sospetto, pubblicando prime pagine e lunghi articoli sui rischi derivanti dai musulmani di casa. Una comunità molto attiva soprattutto nella capitale, si calcola che circa un milione e mezzo di persone professino la fede islamica nell’area della Grande Londra, dei quali circa 300mila di origine turca, 240mila dal Pakistan, 170mila dal Bangladesh, 130mila dall’Iraq e 120mila dalla Nigeria.
Le aree a più alta concentrazione musulmana sono quelle dell’est della capitale e in zone come Newham, Tower Hamlets e Waltham Forest talvolta le cronache riportano casi di applicazione della sharia (le norme morali e religiose che regolano l’Islam) e di numerosi conflitti fra le diverse comunità. Una popolazione che comunque, nella maggior parte dei casi, è ben integrata, con numerosi luoghi di culto inseriti nel tessuto sociale e una classe dirigente che ha portato anche parlamentari a Westminster e consiglieri nei Comuni che compongono l’area metropolitana.
Ora, però, arrival’appello di Johnson, fatto anche in qualità di – oltre che di candidato al parlamento – capo della polizia. Secondo le intenzioni del primo cittadino, il quale spesso è salito agli onori delle cronache per le sue “sparate” a effetto, ogni britannico in viaggio verso Siria e Iraq dovrà dare spiegazioni ufficiali. Pochi giorni fa una musulmana britannica era balzata agli onori delle cronache per aver scritto su Twitter di voler essere la prima donna a decapitare un ostaggio. E Johnson ha quindi pensato bene di cavalcare il sentimento prevalente in questi giorni, proprio mentre l’intelligence britannica ha dichiarato di essere vicina alla piena identificazione dell’assassino del giornalista statunitense, giustiziato davanti alle telecamere, James Foley.
Per il momento, il ministro dell’Interno Theresa May, considerata comunque una donna “di ferro”, si è rifiutata di appoggiare le proposte provenienti dal suo stesso partito. A Londra si scatenerebbe un putiferio e potrebbe partire la caccia alle streghe verso vicini di casa, persone che si incontrano ogni giorno sull’autobus o al supermercato, insomma concittadini. Musulmani sì, ma comunque londinesi a tutti gli effetti, da decenni, a volte persino dal Dopoguerra, quando molti islamici provenienti dai paesi del Commonwealth cominciarono a eleggere la città del Big Ben come loro patria e a emigrare.