Emilia Romagna

Riforma della scuola: bastano poche mosse, perché il governo non le fa?

Dei miei 63 anni di vita, ne ho passati 55 nella scuola, di cui circa 15 come alunno/studente e quasi 40, prima come insegnante (circa 10) e poi come dirigente (circa 30). In questi anni, ho conosciuto qualche incapace e qualche fannullone a cui non ho potuto fare niente, ma tanti, tanti insegnanti capaci, impegnati, seri, appassionati del loro lavoro a cui non si è potuto dare alcun riconoscimento se non la loro intima soddisfazione.

Alla luce di questa esperienza, vorrei dare alcuni semplici suggerimenti alla ministra della Istruzione (una volta si chiamava Ministero della ‘Pubblica’ Istruzione), su come si potrebbe fare una riforma della scuola che non costasse nulla, migliorandone il funzionamento, la soddisfazione delle famiglie e degli studenti, la gratificazione degli insegnanti migliori e, probabilmente, anche i risultati.

Prima mossa:

– La scuola superiore deve finire a 18 anni, come in molti altri paesi; molti altri ministri ci hanno provato, in particolare Berlinguer, senza mai venirne a capo; ma come fare? La soluzione più semplice è quella di scalare il percorso scolastico di un anno, rendendo obbligatorio il terzo anno della materna da svolgersi a cura di team misti di insegnanti di infanzia/primaria. Il modello sarebbe quindi: 2 anni infanzia; 1 anno ponte; 4 anni di primaria; 3 di media e 5 di superiore

– Risultato? Eccedenza di insegnanti di infanzia e di primaria che potranno essere utilizzati per diverse necessità: ampliamento del tempo pieno nella primaria e ampliamento del numero di sezioni della scuola dell’infanzia statale, anche utilizzando i locali rimasti vuoti ed eventualmente subentrando ai comuni o ai privati che non ce la fanno; inoltre si potranno aumentare le sezioni “primavera”, in modo tale da alleggerire gli oneri degli enti locali per quanto riguarda gli asili nido.

Seconda mossa:

– In nessun ordine di scuola, l’orario potrà superare le 30 ore settimanali di lezione, escluso l’orario dei pasti facoltativo; quindi, basta all’introduzione di materie sulla spinta di settori di laureati da occupare.

Terza mossa:

– Definire in modo chiaro e definitivo che l’obbligo scolastico finisce a 15 anni e quello formativo a 18; si eviterebbe così di riempire le scuole superiori di ragazzi che non hanno nessuna intenzione (o capacità) di studiare, causando un danno a loro che così non potranno imparare un mestiere ed un danno agli altri studenti che invece vogliono impegnarsi nello studio; per fare ciò è necessario però che questi ragazzi non siano abbandonati al loro destino che abbiano veri, documentati e controllati percorsi formativi fino ai 18 anni (almeno).

di Franco Fondriest

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