Nelle enunciazioni recenti, i punti cardine sono altri (supplenze, meritocrazia, assunzioni, edilizia scolastica) e non si parla di Editoria Digitale, ovvero dell’obbligo per gli Istituti di adottare i testi per l’anno scolastico 2014/2015 in formato digitale o misto. Vi è una precisazione inquietante: non potranno più essere adottati nuovi testi in formato analogico e le scuole potranno procedere alla loro adozione in alternativa o a complemento di quelli per i corsi tradizionali; quindi o testi di editori o predisporre loro stessi materiali digitali autoprodotti, come si legge nella circolare inviata lo scorso 9 aprile dal Ministero ai vari Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali.
La lettura di questo documento a me che da sempre sostengo l’editoria digitale, ha suscitato qualche perplessità. Perplessità che affondano le loro radici in temi complessi: il primo è il noto analfabetismo informatico che alberga in Italia, il secondo è lo stato in cui versano le nostre scuole, il terzo è l’impatto che tale decisione avrà sugli studenti.
Iniziamo con l’analfabetismo informatico: chi ha formato il corpo docente per prepararlo a gestire la rivoluzione che arriverà con il prossimo anno scolastico? Annunciare l’introduzione dei libri digitali è semplice, basta preparare un bel documento, ma nella pratica non c’è nulla di immediato né intuitivo. Saper utilizzare o, addirittura “predisporre materiali digitali autonomamente” è difficile se non ci sono le competenze necessarie. Un’applicazione seria della circolare richiederebbe l’introduzione di una figura esperta in editoria digitale, in grado di affiancare docenti e studenti nella fruizione e/o realizzazione dei nuovi testi digitali.
E passiamo alla seconda riflessione: lo stato delle nostre scuole. Dunque, i nostri governanti hanno deciso di introdurre i libri digitali, ma per farlo occorrono fondi. Per poter leggere i testi in e-book sono necessari gli strumenti idonei e i nostri geniali amministratori hanno scelto il tablet. E come pensano di acquistarli se, in alcune scuole, non ci sono nemmeno i fondi per la carta igienica?
Non sono disfattista, semplicemente preferirei, prima di splendidi proclami, un po’ di realismo.
E infine, quale impatto avrà tale decisione sugli studenti? Un sondaggio fatto da Studenti.it, nel marzo dello scorso anno, aveva dato i seguenti risultati: il 59% era favorevole e solo il 40% era contrario.
Ma i dati che emergono da Net Children go Mobile, una ricerca finanziata dalla Commissione europea che ha preso in esame l’utilizzo di dispositivi mobili da parte di ragazzi tra i 9 e i 16 anni, dovrebbe farci riflettere. Più della metà, ovvero 3 su 4, di questi giovani utenti, infatti, soffre di un’eccessiva dipendenza da tali strumenti.
Inoltre anche numerosi psichiatri tedeschi e studiosi inglesi hanno evidenziato che il rapporto tra teen-ager e tecnologia ha ancora molti punti oscuri che andrebbero approfonditi. E negli Stati Uniti si sono resi conto che utilizzare esclusivamente supporti digitale nella fase di apprendimento penalizza gli studenti nella scrittura: molti giovani americani hanno difficoltà se devono scrivere in corsivo utilizzando la classica penna.
Tutte queste riflessioni ci portano a un’ulteriore importante considerazione: l’introduzione dei libri in formato digitale dovrebbe essere solo l’ultimo tassello di un puzzle complesso e armonico. In altri termini, la riforma della scuola andrebbe inserita in un progetto complessivo che prenda in esame tutti gli aspetti del problema. E a me sembra che sinora abbiamo assistito solo a bei proclami che non hanno salde fondamenta. Ma per trarre conclusione definitiva, dovremo attendere almeno giorno ancora, per vedere cosa realmente contiene la tanto annunciata riforma.