È un disco personale, introspettivo, con un titolo che è un riferimento a un verso dell’Ecclesiaste, uno dei libri sapienziali della Bibbia: “Per una vita intera ho lanciato sassi, anche molto malamente. Ora è arrivato il momento di raccoglierli per costruirci la mia casa, il mio amore e la mia felicità”. E questo disco parla della felicità e di come proietti sempre un’ombra lunga. Di come il diavolo la insidia molto spesso e di come vorresti essere più intelligente per proteggerla meglio. “Questo disco parla di una specie di consapevolezza che ti è venuta perché ti hanno rotto le ossa migliaia di volte, adesso però non le possono spezzare più”.
Se le chiedi di parlare di sé, la cantautrice dice che “Maria Antonietta è una ragazza con la chitarra e litri di sangue versato”, che scrive sempre sull’onda della necessità, suonando una musica rock ruvida, il cui approccio è da “due accordi e un pugno nello stomaco”. E la verità è alla base di tutto: “Io non mento, al limite sto zitta”, canta nel brano Giardino Comunale. “Sì, è una cosa che sento molto. La verità è alla base di tutto: alla base dell’amore, alla base della comunicazione reale, alla base e motore di tutti i cambiamenti… la verità è l’unica cosa vera che esiste, e in questo mondo in cui mi trovo a vivere di verità ne incontro molto poca purtroppo, e questa cosa mi fa soffrire molto. Spesso sembra che le persone non distinguano il vero dal falso, mentre è così autoevidente! Parlano, parlano, parlano, ma a che serve riempirsi la bocca se si dicono solo stronzate?”.