Campionato nuovo, problemi vecchi. La Serie A riparte nel weekend e ritrova tutte le brutture del calcio italiano che aveva lasciato a maggio e di cui si è discusso per tutta l’estate. E’ cambiato il presidente della Figc, ma è ancora presto per vedere se Carlo Tavecchio riuscirà ad incidere positivamente sulla situazione. Per adesso porta in dote solo la gaffe su “Optì Pobà che mangiava banane”, e sicuramente ci saranno degli strascichi sul campionato. Alla prima squalifica per offese razziste, il parallelo con il presidente federale (su cui il procuratore Palazzi ha deciso di archiviare il caso) sarà inevitabile. L’unico provvedimento della nuova gestione, fin qui, è stata l’eliminazione delle sanzioni per cori di “discriminazione territoriale“. La norma probabilmente era sbagliata in partenza e andava certo rivista, ma la decisione della Figc lancia anche un segnale di resa nei confronti delle intemperanze dei tifosi.
E la violenza degli ultrà è un altro dei problemi atavici del nostro calcio. Nonostante la stagione scorsa sia finita in tragedia: la morte di Ciro Esposito durante la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina è una ferita ancora aperta. Così come ancora vivide sono le immagini di Genny a’ Carogna sulle transenne dell’Olimpico, che tiene in scacco calciatori e autorità. Al di là di qualche minimo intervento sul Daspo (per inasprire norme che però esistevano già) nulla di concreto è stato fatto. E l’anno si è riaperto com’era finito: subito scontri, già nei primi turni agostani di Coppa Italia (a Bari, ad esempio, nella sfida contro l’Avellino). Stadi pericolosi, vecchi e mezzi vuoti. Quello della Juventus resta l’unico impianto di proprietà della Serie A, nonostante i dirigenti nostrani non facciano altro che sottolineare l’importanza degli stadi nel successo di una società. Il Sassuolo di Squinzi gestisce il Mapei Stadium (ma si è dovuto spostare a Reggio-Emilio), l’Udinese sta costruendo il nuovo Friuli ma i lavori sono ancora in corso, il progetto della Roma è in cantiere ma ci vorrà del tempo. Per il resto tutto tace.
Se non altro il Cagliari ha ottenuto l’autorizzazione per tornare a giocare al Sant’Elia, mettendo un punto alla farsa che l’aveva visto traslocare tra Is Arenas, Trieste e Parma negli ultimi anni. Sul campo, del resto, non si vedrà uno spettacolo migliore. Rispetto all’anno scorso la situazione pare peggiorata. Società con poche idee e meno soldi: fin qui si sono registrate solo trattative minori o a parametro zero. Ashley Cole, Patrice Evra, Nemanja Vidic: i colpi dei club italiani ormai sono vecchi campioni scaricati dalle big europee. Quest’anno l’Italia avrà solo due squadre in Champions League (era successo solo nel 2012/2013), e la mancanza di competitività all’esterno si rispecchia anche all’interno dei confini. Con la Juve senza Conte, con la Roma che vende pezzi pregiati negli ultimi giorni di mercato, con il Napoli che non si è rafforzato non c’è una vera favorita. E anche tra le formazioni di secondo piano la qualità sembra livellata verso il basso. La consolazione è che sarà un torneo molto incerto e combattuto. Ma no, non siamo più il campionato più bello del mondo.
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