Il famigerato Tav Torino-Lione, la grande opera italiana più contestata, difficile da sbloccare per decreto. L’autostrada Orte-Mestre, fermata dalla Corte dei conti e snobbata dall’Ue. La Valdastico nord, un’opera da due miliardi che per il presidente della Provincia di Trento Ugo Rossi ha il solo scopo di “ottenere una proroga quarantennale della concessione sull’Autostrada A4 senza passare attraverso la procedura di gara”. Sono alcuni dei punti del decreto “Sblocca Italia”, che dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri oggi pomeriggio. Ma, secondo i retroscena di alcuni quotidiani, il testo ha provocato l’ira di Matteo Renzi nei confronti del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: il capitolo “Sblocca Cantieri” sarebbe talmente confuso da dover essere completamente rivisto. Gli oltre 30 miliardi di opere infrastrutturali “cantierabili” saranno presumibilmente ridotte, trasformando lo “Sblocca Italia” in un peso piuma. Cioè in un insieme di norme che serviranno a “semplificare” ulteriormente l’iter autorizzativo per quanto riguarda le opere strategiche della legge Obiettivo e quelle realizzate ricercando l’apporto del capitale privato, in regime di concessione e gestione (il cosiddetto project financing).
“Sblocca Cantieri” e “Sblocca Italia” erano stati annunciati in pompa magna il primo agosto 2014: la conferenza stampa a Palazzo Chigi era stata “arricchita” dalla presentazione di una mappa vintage dell’Italia (una riproduzione di quella che campeggiava nelle scuole elementari di tanti anni fa, quando Prato e Verbania non facevano provincia) punteggiata di grandi opere “da sbloccare”, e Matteo Renzi e Maurizio Lupi hanno goduto senz’altro per un po’ dell’effetto annuncio, riaprendo aspri dibattiti sulla stampa locale nel caso delle opere più controverse. In totale, i “punti” indicati sono 27, e fanno riferimento a 14 opere “già finanziate per 30 miliardi e 402 milioni” e a 13 cantieri di grandi e piccole opere per ulteriori 13 miliardi e 236 milioni. La realtà è ben diversa, però.
L’elenco comprende interventi contestatissimi, di utilità discutibile e dall’elevato impatto ambientale, come l’alta velocità tra Torino e Lione o la seconda pista dell’aeroporto di Firenze, gestito dalla società Adf, presieduta dall’amico del premier Marco Carrai, ma il capitolo più “fantasioso” è senz’altro quello relativo alle autostrade. Tra gli interventi “bollati” come già finanziati, ad esempio, troviamo le autostrade Orte-Mestre e Valdastico Nord. Per quanto riguarda la Orte-Mestre, che con un costo stimato di oltre 10 miliardi di euro varrebbe da sola un terzo dello “Sblocca Cantieri”, almeno secondo la mappa di Maurizio Lupi, a fine luglio è arrivato uno stop deciso dalla Corte dei Conti, che analizzando la delibera Cipe che nel novembre 2013 aveva approvato il progetto preliminare dell’opera ha scritto l’ha considerata “non conforme a legge”.
Scema così l’idea dell’Autostrada del Sole del XXI° secolo, un’infrastruttura pesante che unirebbe il Lazio al Veneto, superando l’Appennino in Romagna, attraversando le sorgenti del Tevere e numerose aree protette, per poi planare nelle Valli di Comacchio e tagliare in due la Riviera del Brenta già martoriata dal cemento. Un’arteria di quattrocento chilometri, la cui realizzazione è stato promossa da una società controllata da Vito Bonsignore, già eurodeputato Pdl e oggi esponente del Nuovo centrodestra, lo stesso partito di Maurizio Lupi. Proprio il ministro delle Infrastrutture, a novembre, aveva salutato l’approvazione del progetto preliminare con un’ovazione, presentando l’opera come “strategica per l’Unione europea”, appartenenti a uno dei famosi corridoi TEN-T. In realtà, la Commissione Ue, interpellata da altreconomia.it, aveva spiegato che “l’itinerario più diretto tra Orte e Mestre non appartiene ad alcun corridoio”, smentendo clamorosamente il governo italiano.
L’altro intervento iscritto nel libro dei sogni è quello della Valdastico Nord, ovvero il prolungamento dell’autostrada A31 da Piovene Rocchette a Trento, attraversando le Alpi con una lunghissima galleria di 14 chilometri -più lunga di quella del Gran Sasso- sotto l’altipiano di Lavarone. Si tratta di un vecchio progetto degli anni Settanta, tanto che in Trentino l’opera si chiama ancora “Pi.Ru.Bi.”, dai nomi dei tre notabili democristiani che vollero l’opera, Piccoli, Rumor e Bisaglia, che è stato rimesso in campo con un unico obiettivo: servirebbe a garantire senza dover ricorrere a una gara la continuità della concessione (già scaduta) in essere e relativa all’autostrada A31 ma anche alla A4 nella “ricca” tratta tra Brescia-Padova. Quindi quest’intervento che dovrebbe costare oltre due miliardi di euro -e gravare sui pedaggi autostradali della Brescia-Padova e dell’A31 almeno fino al 2046- ha come unico scopo garantire ad A4 Holding, il cui principale azionista è la banca Intesa Sanpaolo.
Lo ha spiegato, recentemente, anche il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi, rispondendo a una interrogazione: “Si ritiene che lo scopo del collegamento della ‘Valdastico nord’ sia essenzialmente quello di ottenere una proroga quarantennale della concessione sull’Autostrada A4 senza passare attraverso la procedura di gara”. Ed ha aggiunto: “La realizzabilità finanziaria di un’opera di 2 miliardi di euro per un traffico giornaliero di 35 mila mezzi (oggi A22 ha un passaggio di 40 mila mezzi) è dal punto di vista finanziario difficilmente sostenibile e, a prescindere dalla posizione della Provincia autonoma di Trento, sarà la finanza a determinarne l’effettiva realizzabilità”. Dopo un mese d’annunci, il ministro Lupi dovrà muovere la sua bacchetta sulla cartina dell’Italia come se fosse un gomma per cancellare. E dopo il consiglio dei ministri scopriremo cosa è restato dello “Sblocca Cantieri”.
di Luca Martinelli