Era sparito, già. Perché? Perché come volevasi dimostrare pubblicare non significa che le cose succedono. Ed è tutto. Non succede mai nulla, a meno di una bella azzuffata su “tuì“. Ma poi finisce là. Eh? Chiesero loro, ognuna alla sua maniera. Voglio dire, puoi pure non essere nulla nella vita, e vincere per questo cacchio di universo – mondo. Ah ecco. Sì, certo. Ti aprono il petto e trovano un sacco di segatura, o post in sospeso, o selfie segnalate come spam. Eppur vincenti, esser vincenti, si vince se si è abbastanza str..zi (mbe? E’ giusto, che vuoi, nda). E noi qui invece siamo fuori da tutto, parlo con le vecchie, dovrei parlare con gli hipster e insultare dignitosamente, alternando frasi oscure a lemmi in lingua inglese o tratti dal dizionario sinonimi e contrari di tecniche dell’informatica e della comunicazione in rete. Con le vecchie parlo di piddicuru, tutt’al più, ci sono parole nuove che qui non arriveranno mai mai mai. Tipo: troll. Le vecchie sorridono, sempre le stesse. Arrabbiatevi, urlatemi addosso: schiantata favolosa!! Una mi allunga la mano, tipico di lei e infatti alla fine mi dice: bedda gioia mia. Non sai dire altro, dico io petulante, ad esempio: paio na zingara? Cosa? Dice l’altra. E così via. Non arriverò mai a far succedere le cose qui al tempio. Mai. Non parliamo come si parla in certi salotti, dove non si sa de che, ma si parla, si parla, si twitta, e non sono salotti, sono misere stanzette con pc e davanzale e magari tutto lo squallore di un’aspidistra alla finestra, la stessa squallida aspidistra invocata o disprezzata da Orwell.
Care amiche, annuncio alle vecchie, che mi fissano un po’ stanche: vi leggerò alcuni capitoli del mio nuovo romanzo, appena sarà possibile, non senza prima consegnarvi la dovuta sinossi. Portatevi il dizionario da casa. Loro ridono, brave, ecco fatto.