Il viceministro, che da parlamentare scelse Renzi come portaborse, in pole position per succedere alla guida del ministero degli Esteri. Spunta anche il nome di un tecnico, la diplomatica Belloni. Ma secondo fonti di Palazzo Chigi non ci sarà un rimpasto
Sarà anche vero, come dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che per sostituire Federica Mogherini, nominata alto rappresentante per la politica estera europea, ci sono ancora due mesi. Il motivo è che la commissione inizierà a essere effettiva solo a novembre. Ma la casella che si libera alla Farnesina può creare un effetto domino all’interno dell’esecutivo. Il capo del governo ha voglia di cambiare da qualche tempo anche per dare il giusto peso ai ministri che rappresentano partiti notevolmente ridimensionati dopo le elezioni europee, come Scelta Civica e lo stesso Nuovo Centrodestra (che attualmente esprime tre ministri). Ma è difficile che il capo del governo si metta a fare un’altra battaglia, oltre alle tante che già deve affrontare sulle questioni economiche e del lavoro. Ciononostante esiste anche dentro il governo chi spinge per una valutazione dell’attività dei vari ministeri, una specie di “tagliando”.
Fonti di Palazzo Chigi escludono rivoluzioni, grandi o piccole che siano. Quindi “scongiurato” lo scenario che voleva Angelino Alfano “promosso” dal Viminale. Una ipotesi ben ancorata potrebbe essere la soluzione interna alla Farnesina. Con la partenza della Mogherini, infatti, il candidato più probabile alla successione è l’attuale viceministro degli Esteri Lapo Pistelli che ha già una lunga esperienza alla “plancia di comando” politica della diplomazia italiana. In questo modo si garantirebbe anche continuità nel lavoro svolto nei primi sei mesi. Tra l’altro Pistelli si è occupato direttamente del coinvolgimento italiano in molti scenari di crisi come in Medio Oriente e in Siria. D’altro canto si tratta del terzo avvicendamento al ministero degli Esteri in un anno (Emma Bonino, Mogherini e il prossimo). Non bisogna dimenticare, però, un altro nome che potrebbe entrare nell’urna da cui uscirà il nuovo nome: Sandro Gozi, prodiano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle Politiche comunitarie.
Certo, c’è il tema delle “quote rosa” che resta sempre in cima ai pensieri del presidente del Consiglio. Un’altra candidata a passare al ministero degli Esteri è Roberta Pinotti, attuale ministro della Difesa, ma il numero delle donne componenti della squadra di governo non cambia. Non ne vuole sapere Debora Serracchiani: “Io mi vedo attualmente nelle vesti di presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e nelle vesti di vice-segretario del Pd. E sto bene così” ha ribadito. Sempre tra le donne del Pd una delle figure ritenute all’altezza potrebbe essere Marina Sereni, attualmente vicepresidente della Camera, che – come Mogherini, Pinotti e Pistelli – sono anche cosiddetti “franceschiniani”. Infine il nome tecnico: Elisabetta Belloni, diplomatica che ricopre ruoli di dirigenza da anni all’interno del ministero (unità di crisi, cooperazione, attualmente risorse e innovazione).
Ma il favorito resta proprio Pistelli che era già viceministro con il governo di Enrico Letta e ancora prima responsabile Esteri del Pd con Pierluigi Bersani. E sarebbe davvero un curioso scherzo della storia ritrovarlo ora al fianco di Renzi, fiorentino come lui. Per tanti motivi. Il primo: Renzi ha cominciato come portaborse di Pistelli. Nel giorno dell’insediamento Renzi, parlando alla Camera, disse: “Entrando in quest’aula non mi era capitato di provare un senso di stupore vero come questo nemmeno quando ho collaborato con l’onorevole Pistelli”. L’ex esponente della Margherita non la prese bene: “Se la poteva risparmiare, su”, disse a Repubblica“. “Quello a modo suo voleva essere un omaggio, ma io avrei preferito di no. In questi undici anni non ci siamo risparmiati nulla. Ci siamo combattuti parecchio”. Il secondo motivo, infatti, è che da una sconfitta – inaspettata – di Pistelli fu l’inizio della parabola ascendente del premier. Nel 2009, infatti, era Pistelli il candidato ufficiale del Pd alle primarie di coalizione per le elezioni da sindaco di Firenze. Ma tutti sanno come finirono quelle primarie: il presidente della Provincia outsider mise fuori gioco tutti e cominciò a studiare da governante.