In cima alle classifiche delle hit di fine estate, quest’anno non troveremo Lady Gaga, bensì l’ultimo successo di Lady Pesc. Già, perché se la radio renziana trasmette ventiquattrore su ventiquattro senza soluzione di continuità annunci di qualunque genere,  destinati perlopiù a rimanere sostanza delle frequenze, immaginatevi cosa potrà accadere di fronte a uno dei pochissimi proclami tramutatisi in realtà.
Alla consolle: la Mogherini. Così, in questa coda d’estate, tra un gelato e l’altro, Matteo è pronto a scalmanare tutto il governo in questa macarena europea, nella speranza di oscurare tutti gli insuccessi e i passi indietro degli ultimi giorni.
La nomina di Federica Mogherini ad Alto Rappresentante per la politica estera europea arriva come l’angelo della Provvidenza a distrarre l’opinione pubblica dal rinvio della riforma della scuola, il cui ritornello aveva intasato le radio governative più o meno dall’insediamento dell’attuale governo, dalla giustizia dimezzata (ovvero un disegno di legge ancora avvolto in una nebulosa riguardo tutti gli aspetti più divisivi del penale) e dallo Sblocca Italia in cui le cifre reali sono molto distanti dai proclami che ci hanno raggiunti fin sotto l’ombrellone
Se perfino l’Economist lo aveva ritratto come un bambino inconsapevole che se ne sta tranquillo a mangiare il gelato dietro un’ipotetica mamma Merkel e un ipotetico papà Hollande che scrutano pensierosi l’orizzonte mentre la barca Europa affonda (nonostante i tentativi di Draghi di svuotarla dall’acqua con un secchio), solo una conferma internazionale poteva dare una proroga alla sua attendibilità. Volendo malignare si potrebbe ipotizzare che a convincere le varie autorità europee ad appoggiare la candidatura della Mogherini sia stata proprio la matrice renziana nel senso più profondo del termine: se il futuro Ministro degli Esteri d’Europa parlerà molto e agirà poco, come è uso fare il suo premier sul suolo natio, sarà assolutamente funzionale a un disegno di staticità del vecchio continente che non alteri gli equilibri politico-economici e che non scontenti nessuno. Nulla di molto diverso da quanto fatto dal suo predecessore Catherine Ashton del resto.
Eppure non muore la speranza che così non sia e che il consenso incassato dal governo Renzi in Italia e di lì la conseguente benevolenza europea, possano tradursi in qualcosa di più concreto di cascate di parole vane e promesse disattese. Ora come non mai, infatti, una serie di concause tra cui la nomina della Mogherini, la compattezza del fronte italo-franco-spagnolo, le promesse del futuro Commissario Juncker di lavorare in favore della flessibilità, potrebbero allargare le maglie del rigore europeo, cominciando a portare benefici tangibili ai paesi più in difficoltà e magari arginando l’epidemia di deflazione della quale l’Italia ha giàcontratto il virus.
 
Nel frattempo su le mani a tempo di Lady Pesc.
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