Il recente caso di stepchild adoption applicato dal tribunale di Roma – ovvero: una donna ha potuto estendere i suoi diritti/doveri di genitore alla figlia della sua compagna, nonché madre biologica, in quanto facente parte di un unico nucleo familiare – ha sollevato l’immancabile vespaio di polemiche che nel contesto italiano assume i connotati della barzelletta, sia per i protagonisti che lo hanno animato, sia per la qualità del dibattito politico prodotto in merito. Mi soffermerò solo sui due casi più grotteschi.
A cominciare da tale Simone Valiante – Pd, area Fioroni – che credendo di dire qualcosa di realmente originale, declama: “Uno dei problemi del nostro Paese è che non si rispetta il buonsenso. Ciascuno deve fare il proprio mestiere. Il Parlamento fa le leggi, i magistrati le applicano”. Ignora, il nostro, che il tribunale ha solo applicato la normativa in vigore visto che, secondo i giudici della sentenza, il codice non impedisce l’adozione della prole del/la partner. Su Twitter qualcuno glielo ha addirittura fatto notare – Simone Alliva, un giovane giornalista – e l’esponente del Pd, per di più parlamentare, stizzito e svergognato non ha trovato di meglio da fare se non consigliargli di cambiare paese. Anche qui, forse, pensando di dire qualcosa mai detta da nessuno e invece urlata da una lucidissima Rosy Bindi anni orsono alla Festa dell’Unità di Roma a chi la contestava per le sue posizioni omofobe. Domanda: è questa la gente con cui Renzi vorrebbe fare le unioni civili uguali al matrimonio? Attendiamo dettagli in merito.
Bisogna partire da questa gente intollerante e tirare il filo.Devono andarsene, la cloaca non può ingoiare un paese. pic.twitter.com/TbGQGGAzaN
— Simone Alliv (@SimoneAlli) 30 Agosto 2014
Nell’attesa di improbabili colpi di scena, in questa piccola bottega degli orrori – politicamente parlando, si intende – si colloca anche l’ennesima elucubrazione di Fratelli d’Italia, il due di picche della politica italiana, i transfughi del berlusconismo morente, gli ex di qualsiasi cosa esista, purché stia a destra o almeno nei suoi anfratti più lugubri. Il movimento di Giorgia Meloni ha clonato un manifesto di Oliviero Toscani, in cui si vedono due (finte) coppie omosessuali con un bimbo in mezzo. Gli orfani di Fini tuonano: «Un bambino non è un capriccio».
Adesso, oltre al fatto di obbligare un infante a partecipare a una campagna di cui magari un giorno si vergognerà – ciò la dice lunga, per altro, sulla sensibilità dei/lle militanti dell’estrema destra nei confronti dell’infanzia – e di chiedersi se questa non sia circonvenzione di incapace, con quest’ultimo esempio si ostina a “vendere” l’omogenitorialità come atto di egoismo e non, invece, come scelta voluta e ponderata. Forse nel tentativo di un recupero di un’identità morta a testa in giù in un piazzale milanese negli anni quaranta, Fdl cerca di disumanizzare le famiglie arcobaleno per ragioni di visibilità politica. Un cumulo tale di ignoranza e grettezza che spaventa pensare che ci sia gente che voti questo partito, per quanto quattro gatti.
Qualcuno dovrebbe far sapere a tutte queste persone – e a chi la pensa come loro – che decidere di avere un figlio è (o dovrebbe essere) sempre un atto di volontà. Tale atto, poi, utilizza la biologia – che non sempre è “natura”, ovvero caso fortuito in certa visione eterosessuale – sia attraverso atti diretti, sia attraverso il ricorso alla maternità surrogata o alla fecondazione assistita. Dire di no a tutto questo equivale a dire che migliaia di bambini e di bambine in tutto il mondo non dovrebbero esistere. E non vorranno i nostri eroi di cui sopra – non solo omofobi, ma anche antiabortisti – che un giorno qualcuno rinfacci loro che vogliono obbligare neonati/e a non venire al mondo.
Faccio infine notare che mentre certe menti sopraffine partorivano questo florilegio di insulti e banalità, la stampa riportava l’ennesimo caso del ragazzo bullizzato a scuola per omofobia e l’associazione Gaycs denunciava l’ennesima aggressione a Roma, ai danni di uno dei suoi soci. La politica dovrebbe interessarsi a creare le condizioni per il benessere della collettività e non certo nutrire quel diffuso pregiudizio che poi porta a discriminazioni e violenze. La sinistra, per altro, dovrebbe fare da apripista o essere soggetto egemone, in tal senso. Nella produzione del pensiero omofobo la classe dirigente del nostro paese sa invece essere bipartisan. Passi, si fa per dire, che certe enormità vengano da un gruppuscolo di nostalgici esaltati, ma che trovino spazio anche dentro il maggior partito del paese non lascia ben sperare. Su niente.