Il campionato è iniziato con toni dimessi in attesa degli ultimi colpi di mercato che non sono poi arrivati, fatta eccezione per alcune manovre di assestamento del Milan, per la verità abbastanza opinabili e contraddittorie rispetto alle dichiarazioni d’intenti di Galliani di qualche tempo fa (ma ci torneremo più avanti).
Le gerarchie sembrano rimanere quelle dell’anno scorso. La Juve orfana di Conte, passato con il placet della Puma, alla guida di una derelitta Nazionale, non sembra perdere giri rispetto all’anno scorso. Anzi… Allegri gli ha dato forse quel pizzico di libertà in più di cui molti interpreti avevano bisogno come l’ossigeno e a Verona ha “ucciso” il Chievo, al di là del punteggio, grazie alla forza del collettivo sommata alle qualità tecniche e atletiche dei vari Vidal, Pogba, Tevez. Da rivedere la tenuta della linea difensiva e l’impostazione del gioco senza le aperture e l’intelligenza tattica di Pirlo. Si è messo in luce il 18enne francese Coman (altro “parametro zero” in casa Juve dopo il grande colpo di Pogba).
Non da meno è stata la Roma, più tonica e affamata della Fiorentina, un mix mortifero di idee geniali e mentalità vincente. Decisivo il rientro di De Sanctis tra i pali dopo l’operazione estiva al braccio destro. Anche in questo caso rimangono dubbi sul nuovo assetto del reparto arretrato che deve riorganizzarsi dopo la cessione d’oro di Benatia.
Guardando ai valori assoluti e non alla classifica in senso stretto, alle spalle di Juve e Roma c’è già il vuoto, o quasi. Il Milan vince dopo un precampionato disastroso estraendo El Shaarawy dal cilindro che sfrutta le praterie lasciate gentilmente a disposizione da una Lazio troppo spregiudicata. Inzaghi ha potuto così nascondere i limiti di un centrocampo tutto muscolare. Ma la vittoria ha un grande peso specifico. Alla ripresa il neo tecnico rossonero avrà in rosa nuove opzioni tattiche come Van Ginkel e Bonaventura (soffiato all’Inter proprio all’ultima ora di mercato) ma non troverà più a Milanello Cristante, uno dei fiori all’occhiello del proprio settore giovanile, passato inopinatamente al Benfica. Difficile creare un’identità forte e un carattere distintivo con questa politica usa e getta, ma così va il calcio italiano. Punteremo sui giovani e sul nostro Settore Giovanile aveva esternato Galliani prima di approdare a Torres.
Passiamo all’Inter che a Torino conferma quanto visto in precampionato (ad eccezione del poco attendibile preliminare Champions). La squadra è cresciuta rispetto all’anno scorso sul piano della tenuta e della personalità. Sa tenere la palla e sa difendersi di squadra. I problemi insoluti sono tutti in fase realizzativa. Kovacic ed Hernanes sono impiegati da Mazzarri in posizioni sempre diverse, ma finora non hanno trovato la giusta relazione di gioco con Icardi che vorrebbe più cross e meno fraseggi stretti. Qualcosa in più l’Inter l’ha fatta con l’inserimento di Osvaldo al fianco del giovane attaccante argentino. Penso che a questa soluzione approderà presto Mazzarri, soprattutto con il rientro ormai prossimo di Palacio.
Ad oggi comunque le milanesi hanno come obiettivo massimo quello di inserirsi nel lotto di squadre che puntano al terzo posto insieme alla “spuntata” Fiorentina (povero Rossi ancora sotto i ferri per i suoi ginocchi di cristallo) e il Napoli che, nonostante la vittoria all’ultimo respiro di Genova, deve ancora ritrovare serenità e motivazioni dopo la batosta di Bilbao. I baschi costruiti in casa (che esempio virtuoso per tutti i club italiani!) hanno buttato fuori dalla Champions gli azzurri grazie alle sbadataggini dei difensori di Benitez. Per il Napoli si tratta di un danno economico, morale e di immagine che sarà complicato cancellare.