Le divergenze tra i soci italiani e stranieri potrebbero emergere già nel consiglio di amministrazione del 25 settembre. I cinesi di Bank of China, appena entrati nel capitale, temono il ruolo ingombrante del finanziere bretone che si appresta a diventare azionista del gruppo italiano al posto di Telefonica. L'industriale francese ha anche il 7,5% di Mediobanca e sta discutendo con Cologno Monzese una partnership nella pay tv
Altro che società ad azionariato diffuso. Telecom Italia, dopo essere passata alla storia per la “madre di tutte le Opa” nell’era di Roberto Colaninno, sembra ora destinata a diventare un caso di scuola sul tema dei conflitti di interesse. Divergenze che potrebbero emergere già nel consiglio di amministrazione del 25 settembre. Per quella data l’ad Marco Patuano, che spera di poter chiudere almeno la vendita della filiale argentina, sarà chiamato a fare un bilancio degli ultimi concitati mesi. Un breve periodo in cui però l’azionariato di Telecom è completamente cambiato e la strategia del gruppo è stata messa in discussione dall’evolversi dei fatti. A sparigliare per primi le carte sono stati i soci spagnoli di Telefonica, grande sponsor in passato di Patuano. Il gruppo iberico ha completamente spiazzato il management italiano con la generosa offerta d’acquisto per la brasiliana Gvt, filiale di Vivendi e concorrente di Tim Brasil. E ha poi anche aperto un nuovo scenario, ricco di conflitti di interesse, per l’azionariato di Telecom, proponendo a Vivendi di acquisire il suo 8,3% dell’azienda italiana. Un’offerta allettante per il gruppo francese. E ancora di più per il suo presidente, il finanziere Vincent Bolloré, che è il secondo azionista di Mediobanca dopo Unicredit. Per l’industriale bretone, infatti, diventare socio Telecom significa mettere le basi per costruire un network di respiro europeo con al centro Vivendi. In più l’operazione ha anche il vantaggio di rafforzare il ruolo del finanziere francese in Italia dove il mondo telecom e media è in piena evoluzione.
Le indiscrezioni sul ritorno di fiamma tra Telecom e Mediaset – Il tema non è da poco. Soprattutto perché sul mercato sono tornate a circolare indiscrezioni di un ritorno di fiamma per un vecchio progetto di unione fra Telecom e Mediaset. Quest’ultima in luglio in luglio ha ceduto a Telefonica l’11% della sua Mediaset Premium. Per non parlare del fatto che, al momento, nulla esclude la possibilità di un’intesa fra Vivendi e Mediaset per crescere insieme nel competitivo contesto europeo dove già si affacciano colossi statunitensi del calibro di Netflix. Pier Silvio Berlusconi, anche lui azionista di Mediobanca, ha di recente incontrato Bollorè per definire ipotesi di accordo nel settore della pay tv. Non sorprende quindi che la mossa spagnola abbia scosso lo zoccolo duro dei soci italiani (Mediobanca, Generali e Intesa) della holding in via di scioglimento Telco mettendo in discussione l’epilogo dell’accordo concluso con gli spagnoli un anno fa per gestire l’uscita degli azionisti italiani dalla cassaforte che controlla Telecom. Secondo Il Sole 24 Ore del 19 agosto, infatti, vogliono ora ritagliarsi un nuovo ruolo nella partita. Magari attraverso la costituzione, assieme ai francesi, di una nuova scatola di controllo di Telecom. Con il risultato finale che il grande risiko azionario si trasformerà in un nuovo conflitto d’interesse condito in salsa francese. Non senza disappunto da parte degli altri soci stranieri.
I soci cinesi temono il socio ingombrante Bollorè – Primi fra tutti i cinesi della Bank of China entrata nel capitale di Telecom appena una manciata di giorni dopo l’annuncio di un accordo miliardario tra l’azienda pubblica asiatica State Grid e la Cassa Depositi e Prestiti per il 35% della Cdp reti. I cinesi hanno almeno due motivi per essere in allerta. Il primo è che in passato Telecom è stata più volte indicata come la soluzione (attraverso un’ipotetica fusione con Tim) ai problemi finanziari di H3G, meglio nota come 3, controllata da Hutchinson Whampoa. Il secondo è che, nei progetti del presidente della Cdp, Franco Bassanini, Cdp reti è destinata a diventare il riferimento di tutte infrastrutture del Paese. Comprese quelle di telecomunicazioni per le quali Cdp ha mostrato il proprio interesse investendo accanto al fondo F2i in Metroweb e tentando di creare con Telecom una nuova società delle reti per sviluppare la banda ultralarga. Operazione, quest’ultima, che si prospetta più complessa con un socio ingombrante come Bollorè in circolazione. E con un governo che non ha ancora preso posizione sul tema del futuro della rete Telecom e dello sviluppo della banda larga nel Paese.