Il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è impegnato in un vero e proprio forcing per rimpolpare di donne il suo prossimo collegio di Commissari europei. Ad oggi di candidature rosa ufficiali ce ne sono solo quattro su un totale di ventotto posti, davvero poche per un’istituzione che si propone di sponsorizzare le quote rosa nelle pubbliche amministrazioni e grandi aziende di tutta Europa. Solo quattro le candidate Commissarie. La proporzione è schiacciante: 4 donne e 24 uomini. Rispetto all’attuale Commissione Barroso II – in carica fino al 31 ottobre – ci sono ben cinque commissarie in meno (9 donne e 19 uomini). Si tratta di Kristalina Georgieva (Bulgaria), Vera Jourova (Repubblica Ceca), Cecilia Malmstrom (Svezia) e Federica Mogherini (Italia), due delle quali, la bulgara e la svedese, sono già commissarie. Forse prevedendo l’aria che avrebbe tirato, lo scorso luglio le nove commissarie dell’attuale collegio avevano scritto una lettera direttamente a Juncker chiedendo almeno dieci donne nella nuova Commissione, ovvero una in più di quelle attuali. Come non detto. D’altronde il lussemburghese non può fare altro che scegliere tra i nomi che gli vengono dati dai governi nazionali dove, evidentemente, gli uomini vanno per la maggiore.
Solo nelle ultime ore Juncker sembra essere riuscito ad aumentare il numero di commissarie, avvicinandosi almeno alla quota attuale. Starebbero per proporre delle candidate rosa la Romania con l’eurodeputata Corina Cretu, la Danimarca con il ministro dell’economia Margrethe Vestager, il Belgio con la cristiano democratica Marianne Thyssen (governo in formazione permettendo), la Slovenia e la Polonia (la quale deve tenere in considerazione anche il neo eletto Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo). Ma anche in Europa non si fa niente per niente. I governi pronti a cambiare il proprio candidato a commissario stanno chiedendo a Juncker di tenerne conto nell’atto di attribuzione dei portafogli. Emblematico il caso della Romania: dopo aver difeso gli interessi nazionali in agricoltura, influenzando la nuova Politica agricola comune con Dacian Ciolos, adesso Bucarest sta guardando agli Affari regionali, dove passano i fondi strutturali e di coesione. Insomma le candidate donne diventano una “merce di scambio” nelle negoziazioni per la prossima Commissione europea.
Il Parlamento europeo però ha minacciato che non voterà una Commissione al maschile. Lo ha detto a chiare lettere Martin Schulz a margine del summit europeo di sabato 30 agosto: “Un collegio con solo quattro donne rischia di non avere la maggioranza al Parlamento”. I Commissari vengono proposti dai governi nazionali, scelti dal presidente della Commissione ma votati dagli eurodeputati che, dopo averli ascoltati nelle commissioni di competenza, devono votarli in sessione plenaria, quindi o a metà settembre o ad ottobre (il 31 ottobre scade il mandato dell’attuale esecutivo). Una promessa che suona un po’ come una minaccia tanto che Schulz ha commentato la nomina di Federica Mogherini alla Politica estera Ue dicendo che “almeno si tratta di una donna”.
Proprio un’ex commissaria, la lussemburghese Viviane Reding oggi eurodeputata, ha spinto molto durante il suo mandato alla giustizia e affari sociali per fare in modo che le grandi aziende europee quotate in borsa abbiano almeno il 40 per cento di donne nei Cda non esecutivi. Una battaglia portata avanti sotto il vessillo della parità di genere che, a guardare la percentuale di donne nel prossimo collegio di Commissari, suona oggi come vuota retorica. Dal momento che i governi di centrodestra sono in maggioranza in Europa, la famiglia politica dei popolari sarà la più rappresentata anche nella nuova Commissione, con ben tredici Commissari su ventotto – in aggiunta a sei socialisti, tre liberali, un conservatore, e altri cinque di incerto colore. Ma in Europa il centrodestra si trova saldamente in mano maschile, con una sola candidata donna, la bulgara Georgieva, oggi responsabile per la cooperazione internazionale, un portafoglio tra l’altro minore rispetto a quelli che contano davvero come gli affari economici, l’energia e il mercato interno.