Dopo le indiscrezioni agostane e le smentite, ora il ministro della pubblica amministrazione lo dice ufficialmente: le buste paga dei dipendenti pubblici, congelate dal 2010, resteranno al palo anche l'anno prossimo. "In momento di crisi guardiamo a più bisognosi, per questo confermiamo gli 80 euro". Uil: "E' la classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo"
“In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono”. Così Marianna Madia, ministro della pubblica amministrazione, conferma le indiscrezioni agostane sull’ulteriore proroga per un anno del congelamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, al palo dal 2010. Anche nel 2015 le buste paga resteranno bloccate, ha detto Madia parlando a margine dei lavori in Senato sulla legge delega di riforma della Pubblica amministrazione. “In momento di crisi guardiamo ai più bisognosi”, quindi “confermiamo gli 80 euro, che vanno anche ai lavoratori pubblici”. Rumor che, dopo la levata di scudi delle sigle sindacali, erano stati smentiti dal sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta. Mentre Matteo Renzi aveva liquidato le minacce di un “autunno caldo” dicendo: “Facciano pure, l’estate non è stata granché e se finalmente in autunno c’è un po’ di caldo siamo tutti più contenti”.
Martedì sera, però, il sottosegretario alla Pa, Angelo Rughetti, intervistato a In Onda su La7 ha detto che “il governo deve fare delle scelte” e “non si può dare tutto a tutti”, facendo capire che la proroga del blocco era all’ordine del giorno. Per questo ancora prima dell’ufficializzazione è arrivata la prima reazione: il segretario confederale della Uil, Antonio Focillo, ha definito “inaccettabile anche solo pensare a interventi che, ancora una volta, penalizzerebbero i dipendenti della pubblica amministrazione”. Per il sindacato di via Lucullo “questa è la classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo nel pubblico impiego”. Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa, la federazione dei lavoratori pubblici dei ministeri, ha attaccato “il governo delle slide e degli annunci” che “sa colpire solo ed esclusivamente i più deboli, in questo caso i 3 milioni e mezzo di lavoratori pubblici, che sono stati in questi ultimi anni la cavia di tutti i governi che si sono succeduti” e ha detto che “è giunto ora il momento di unire tutte le forze democratiche per reagire allo sciacallaggio di una politica che fa soffrire solo ed esclusivamente i più deboli, mentre i soliti furbi possono continuare a godere di rendite di posizione che li mettono al riparo dalla crisi che ha già distrutto il ceto medio, facendolo precipitare sulla soglia di povertà”. La federazione si è appena costituita come “parte interessata” nel procedimento contro il blocco pendente davanti alla Corte costituzionale. Il Tribunale di Ravenna ha infatti ritenuto fondato il ricorso sull’illegittimità costituzionale del mancato rinnovo presentato dal sindacato e ha sollevato la questione di costituzionalità.
Il blocco, ha spiegato Madia, “sarà nella legge di Stabilità”, in cui invece inizialmente il governo aveva detto di voler inserire il rinnovo, e “dovrebbe essere di un anno”. “I contratti sono stati bloccati all’inizio della crisi”, ha ricordato il ministro, “quindi credo che tutti, governo e parti sociali, dobbiamo lavorare il Paese”. Le buste paga dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici sono in effetti ferme da quando un decreto del quarto governo Berlusconi ne ha imposto il blocco coattivo per il 2011, 2012 e 2013. Con un risparmio per le casse pubbliche stimato in oltre 11 miliardi di euro. La legge di Stabilità dell’esecutivo Letta ha poi rinnovato il congelamento fino alla fine del 2014, disponendo anche una moratoria del turn over, ovvero il ricambio generazionale, fino al 2017. In aprile, dopo la presentazione del Documento di economia e finanza che il governo si appresta ad aggiornare, Madia aveva negato che in vista ci fosse un ulteriore slittamento.