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Medio Oriente: non solo conflitti. Una musica diversa in Rai

Il Medio Oriente è in fiamme, devastato da guerre e conflitti, e qui si vuole parlare di musica: musica araba, appunto. Sembra assurdo, fuori luogo, azzardato, usate tutti i termini che volete, ma parlare di mondo arabo, oltre le quotidiane notizie di violenza e morte, è una risposta forte.

Una scelta coraggiosa e controcorrente, in risposta a chi si limita ad etichettare l’altra sponda del Mediterraneo come il luogo del terrorismo e del male assoluto, cancellando secoli e secoli di storia, cultura e civiltà, ignorando ciò che queste società hanno prodotto di bello e affascinante. Parlarne è sopratutto un messaggio di rispetto e incoraggiamento per quei popoli che sono la prima vittima di ciò che accade oggi per mano dei gruppi estremisti, popoli che spesso sfidano la sorte attraverso l’arte, la musica e quindi la voglia di vivere.

Per la prima volta, nella storia della televisione italiana, la musica araba viene presentata al pubblico in una galleria di star e cantanti provenienti da uno dei mercati musicali più vasti, composto non solo dal pubblico dei paesi di riferimento, ma anche dalle comunità residenti in tutto il mondo.

Ed è così che Rai 1 ha deciso di dedicare una rubrica ai miti della canzone araba nel suo programma di punta Uno Mattina Estate, nello spazio Caffè di Rai 1. Una lunga carrellata di artisti arabi tra il passato e il presente. La partenza è stata con la cantante libanese Fairuz soprannominata Nostra ambasciatrice presso le stelle, poi dall’Egitto Oum Khalthoum chiamata Stella d’Oriente, e il re della canzone araba il siriano Sabah Fakhri, per poi passare a Warda (Algeria), Kazem AlSaher (Iraq), Samira Said (Marocco), Saber El Rebai (Tunisia) e Hussain Al Jasmi (Emirati Arabi).
Nomi quasi sconosciuti per il pubblico italiano, ma che sono considerati dei miti nel mondo : suoni e ritmi mediorientali, scuole musicali e star pluripremiate, con milioni e milioni di fans, che appena se ne sono accorti, hanno scatenato un vero boom sui vari social network, segnalando che la tv italiana stava parlando dei loro beniamini.

Parlare di arte e cultura è difficile, di quella altrui è quasi  impossibile. A dire il vero non saprei se il problema è che siamo troppo provinciali, e non riusciamo a guardare oltre i nostri confini, o che sono gli altri a non essere in grado di raggiungerci e farsi conoscere.

Quando gli autori del programma mi hanno contattato ho riflettuto tanto sull’opportunità di parlare di musica araba, mentre tutto il mondo trema per “il pericolo che viene dal Medio Oriente”. Sono arrivato alla conclusione che, invece è proprio quella la sfida al male: senza mettere la testa sotto la sabbia, scoprendo ed assaporando ciò che di magico, sano e bello c’è nell’arte e nella cultura, dando respiro alle espressioni soffocate e spesso emarginate di questo mondo arabo pressoché sconosciuto.

Proprio su questo blog avevo scritto tempo fa di quanto i programmi musicali siano tra i più seguiti nel mondo arabo, ma io stesso sono rimasto sinceramente sorpreso da quanto interesse oltre i confini italiani questa piccola rubrica sia riuscita a suscitare. 

Nessuno se lo immaginava: ma forse abbiamo sottovalutato la valenza anche simbolica di ciò che stavamo presentando. La stampa in Medio Oriente segue questo angolo dedicato alla musica araba con entusiasmo ed attenzione, sottolineando come in questo modo si possano accorciare le distanze tra popoli così vicini e così lontani. Da sempre sono convinto che siamo come degli specchi, ognuno di noi è responsabile di come gli altri si vedono e si percepiscono, e che è solamente grazie alle nostre azioni che gli altri penseranno bene o male di loro stessi.
Avete mai sentito del Tarab? E’ una parola che esiste solo nella lingua araba, per esprimere l’estasi e la gioia provocate dall’ascolto della musica: serve a descrivere popoli che respirano la speranza, adorano la musica e il canto, e amano profondamente la vita.
L’immagine di questi popoli oggi è distorta e sfigurata dai conflitti che li fanno apparire sanguinari ed appassionati di guerre, quando invece sono per la maggior parte desiderosi di un domani più felice e di un futuro migliore. Ma, si sa, generalizzare è più facile, perché descrivere e comprendere le sfumature richiederebbe un impegno che né i media né il pubblico oggi si sentono di affrontare. 

Oggi più che mai abbiamo bisogno di conoscerci davvero, per salvare il mondo, che è di tutti. E per conoscere l’altro bisogno anche ascoltarlo: allora iniziamo allargando i nostri orizzonti e assaporando qualcosa di diverso, anche da un punto di vista solo musicale. 

Sarà anche un piccolo passo in questa direzione, ma oggi, per la prima volta, dagli schermi della Rai si sente arrivare una musica diversa.