Il passaggio cruciale è contenuto nel documento del governo. Per maestri e professori verrà messo a punto un nuovo sistema di aggiornamento professionale, che sarà direttamente collegato allo stipendio
Era stata annunciata come una delle “condicio sine qua non” della riforma e del piano di assunzioni. E il fascicolo conferma le anticipazioni della vigilia: il governo rivedrà la carriera dei docenti. Stop agli scatti di anzianità (attualmente l’unico strumento di progressione salariale), si passa al merito.
Per maestri e professori verrà messo a punto un nuovo sistema di aggiornamento professionale, che sarà direttamente collegato allo stipendio (per far questo bisognerà riformare anche lo statuto giuridico, con apposita legge). Un docente dovrà conseguire ogni anno un numero minimo di crediti, divisi in tre tipologie: formativi, quelli maturati con l’aggiornamento in servizio; professionali, legati a progetti extra all’interno della scuola; didattici, riferiti alla “qualità dell’insegnamento in classe” e alla “capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti”. Su quest’ultimo punto, però, restano grandi interrogativi: alla questione della valutazione il governo dedica un intero capitolo del piano scuola, ma fin qui i metodi di giudizio sull’operato dei docenti non hanno mai convinto (basti pensare a tutte le polemiche suscitate dalle prove Invalsi).
Comunque sia, qui entra in gioco il nuovo sistema di progressione salariale. Ci sarà uno stipendio base per tutti i docenti (probabilmente identico a quello del primo contratto attuale, circa 1.300 euro netti al mese), integrabile in due modi. Il primo è quello degli “scatti di competenza”: ogni tre anni, il 66% di docenti di ogni scuola (o reti di scuole), scelti su base di merito (chi ha conseguito più crediti), avrà diritto a un miglioramento di retribuzione; il governo lo stima in circa 60 euro netti al mese, anche se non esclude una modulazione su più fasce. Il secondo è variabile: ogni anno ci saranno dei bonus per chi svolge attività supplementari (come Bes, Pof, orientamento, ecc.).
Uno dei dubbi della vigilia era se il nuovo sistema avrebbe riguardato solo i neoassunti o anche i vecchi docenti. La risposta è sì: pure chi è già di ruolo dovrà passare al nuovo sistema. L’unica eccezione è per chi è già arrivato al 33esimo anno di servizio (a 3 anni dalla pensione, dunque), che rimarrà col vecchio meccanismo. Tutti gli insegnanti che si trovano già nelle varie classi stipendiali dal primo settembre 2015 smetteranno di maturare l’anzianità, e potranno migliorare il proprio salario con il nuovo tipo di scatti; tuttavia, manterranno il loro stipendio attuale. Scongiurato quindi il rischio di una revisione al ribasso dei salari per tanti docenti più anziani: i delusi, probabilmente, saranno quelli che erano arrivati ad un passo (magari pochi mesi), dal passare al gradone successivo e più redditizio.
Se il nuovo sistema entrerà in vigore dal 2015, gli scatti partiranno solo dalla fine del 2018, così da poter far partecipare anche i 150mila precari neoassunti. La pausa, inoltre, servirà anche a recuperare risorse: il nuovo sistema sarà sostenuto infatti con i fondi che finanziavano i gradoni di anzianità, e sarà a costo zero per lo Stato. Mentre il risparmio del prossimo triennio verrà utilizzato per rifinanziare il Mof (Fondi per il miglioramento dell’offerta formativa), che servirà per retribuire le attività extra dei docenti (gli scatti variabili) e che era stato letteralmente prosciugato dai tagli degli ultimi anni.