Cinema

Festival Venezia 2014, protagonisti i bimbi: ecco “Sivas” e “Le dernier coup de marteau”

Due produzioni, una turca e l'altra francese, raccontano le storie di giovani personaggi. Da una parte l'amicizia tra un bimbo e un cane da combattimento (scelta che ha ricevuto numerose critiche), mentre dall'altra il piccolo Victor la cui vita cambia dopo un provino calcistico e il ritorno del padre

di Davide Turrini

Il cinema ad altezza bambino irrompe alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia. “Sivas” del turco Kaan Mujdeci e “Le dernier coup de marteau” della francese Alix Delaporte, entrambi in Concorso, abbassano e spostano l’obiettivo della macchina da presa sulla stessa linea dello sguardo dei giovani protagonisti dei due film facendo innamorare pubblico e critica. Sivas è un “Belle e Sebastien” più cruento e duro, con in primo piano l’amicizia sbocciata per caso tra Aslan (un incredibile undicenne all’anagrafe Dogan Izci) e un esemplare selvaggio di pastore dell’Anatolia che corrisponde al nome di Sivas. Un immenso cane da gregge di almeno 70 chilogrammi che nella remota regione della Turchia dove è ambientato il film viene usato anche, e soprattutto, come cane da combattimento. Aslan, tipetto “incazzoso” e molto concreto, oltre a non accettare il ruolo assegnatogli nella recita scolastica decide senza troppo meditare di prendersi a casa Sivas, dopo che nell’ennesima, inutile, lotta tra cani aveva avuto la peggio e sembrava morto.

Poche le romanticherie – per dirne una: Sivas non lecca mai Aslan in segno d’affetto -, ma molto pragmatismo nelle scelte del bimbo che si oppone perfino alle scelte familiari di vendere il cagnone – Aslan fa uno spogliarello isterico da Actors Studio – fino a quando mostra le sue inequivocabili decisioni all’amichetta dicendo: “Il cane deve combattere? Ma quando avremo un figlio lo vorresti per caso far combattere?”. “Siamo nel 2014 e penso che non tutti i film abbiano un messaggio da dare”, spiega Mujdeci in conferenza stampa a Venezia, “Io ho voluto mostrare un bimbo con innocenza, il suo mondo interiore, come si esprime. Potete leggerlo come volete questo film. Quello che importa è che ho cercato di realizzarlo così come veniva dal profondo del mio cuore, e l’ho fatto dopo essermi immerso tra le persone di quella regione, gli animali, la steppa”. Inevitabile la polemica sulla rappresentazione scenica dei combattimenti tra cani con relativo corollario di polemiche da parte di alcuni giornalisti che sono usciti dalla sala: “Tranquillizziamo tutti. Nessun cane si è fatto male”, continua Mujdeci, “Ci sono tecniche che ci permettono di mostrare una specie di combattimento senza far scorrere sangue vero. Tra il lavoro di montaggio, l’addestramento dei cani e soprattutto il make-up tra creme e tinte particolari abbiamo l’impressione che sia vero. Del resto stiamo parlando del cinema e della magie dei film. Quando guardate un film di fantascienza o vedete oggetti che volano da soli in aria sullo schermo pensate sia tutto vero?”. “Sivas” è comunque un immersione totale in un mondo arcaico e contadino, tra pecore al pascolo, case diroccate e una civiltà che pare fermatasi ad un secolo fa tutta orientata sulla predominanza e violenza maschile: “Gli uomini sono un problema di questo mondo”, chiosa seriamente il regista turco che vive e lavora dal suo studio di Berlino, “tutto quello che accade di male nel pianeta è dovuto agli uomini, siano essi sindaci, capi di governo o militari. Preferirei un mondo governato da donne e con una banca dello sperma per la riproduzione”.

Altro titolo di rilievo con un bimbo ancora protagonista è “Le dernier coup de marteau”. Qui è il caparbio e svelto 14enne Victor (altro attore da segnalare di nome Romain Paul) che abita in una roulotte con la madre malata vicino ad una comunità di gitani. Un provino calcistico per un possibile futuro da Zidane e l’improvvisa apparizione del padre, burbero direttore d’orchestra, lo fa uscire dall’ombra partecipando alle prove della 6° sinfonia di Mahler diretta dall’uomo, per trarre il meglio dalle opportunità che ha trovato sul suo cammino. “Quando ho deciso di prendere Romain per la parte gli ho mostrato il provino di Jean Pierre Leaud (attore feticcio di Truffaut e protagonista de I 400 colpi ndr)”, spiega l’affascinante Dealporte, “Non uso molti dialoghi nei miei film e qui attraverso il ragazzo, la sua corsa, i suoi silenzi, volevo far sentire l’assenza di un padre, la paura di perdere una madre e portarlo a provare la sua prima emozione artistica”.

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