La settimana prossima, in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio, "verranno svolte solo le relazioni, dopodiché rinvieremo ad un altra seduta la discussione generale o la decisione su eventuali audizioni". E' quanto fa sapere il presidente Francesco Paolo Sisto. Nessuna data fissata per l'arrivo del ddl in Aula. Intanto la maggioranza del pd risponde alla polemica dei bersaniani, che vogliono eliminare dal testo il pareggio di bilancio: "Avete perso la memoria"
Dopo essere passato al Senato lo scorso 8 agosto, il Ddl Boschi con la riforma del Senato e del Titolo V partirà in commissione Affari costituzionali alla Camera giovedì 11 settembre. E’ quanto ha detto all’Ansa il presidente della Commissione Francesco Paolo Sisto (Fi), che sarà relatore assieme al capogruppo del Pd Emanuele Fiano. Nella seduta di giovedì pomeriggio, ha spiegato Sisto, “verranno svolte solo le relazioni, dopodiché rinvieremo ad un altra seduta la discussione generale o la decisione su eventuali audizioni. L’importante è incardinare il decreto e far partire l’esame”.
Sui tempi di esame da parte della Commissione, Sisto non vuole fare pronostici o annunci: “Ci sarà spazio per un ampio dibattito in cui tutti potranno portare il loro contributo. Le riforme nella nostra Commissione si fanno in un certo modo e non dobbiamo avere alcuna ansia, se non quella di concludere in tempi ragionevoli”. Sull’eventualità che il ddl arrivi in Aula dopo che questa avrà concluso l’esame della legge di Stabilità a fine novembre il deputato Forza Italia ha detto: “Non fissiamo date – replica Sisto – sarebbe sbagliato iniziare con una data. Procediamo ‘step by step'”. Per quanto riguarda la scelta di un doppio relatore, spiega Sisto, “abbiamo voluto replicare il modello del Senato, che ha ben funzionato. Diciamo che siamo due relatori istituzionali, visto che io sono il presidente della Commissione e Fiano è il capogruppo del maggior partito qui alla Camera”. Certo però, è che la riforma arriverà prima della tanto attesa riforma elettorale, bloccata nella stessa commissione Affari Costituzionali in Senato dal 17 marzo.
A proposito della riforma del Senato e del Titolo V, che inizierà l’iter alla Camera la prossima settimana, si è fatta sentire la minoranza del Pd: un gruppo di deputati bersaniani, come Stefano Fassina, Giuseppe Lauricella e Alfredo D’Attorre, ha annunciato l’intenzione di presentare un emendamento che elimina l’obbligo del pareggio di bilancio, introdotto nell’articolo 81 della Costituzione nel 2012 per recepire il Fiscal compact. Un modo per dire che anche a Montecitorio sarà battaglia sulle riforme.“La possibilità di indebitarsi per fare degli investimenti – osserva Fassina – è in linea con la politica condotta da Renzi in Europa”. “Se si vuole cambiare la politica economica in Europa come dice Renzi – spiega Lauricella – se si vuole portare avanti una politica di investimenti di stampo keynesiano, allora la modifica dell’articolo 81 è centrale. Aver inserito nel 2012 l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione, è stata una contraddizione, perché la nostra Costituzione ha invece una impostazione keynesiana, incentrata sul lavoro”. L’emendamento, se a parole sposa la linea di Renzi, potrebbe metterlo in difficoltà sul piano Europeo.
La risposta ai bersaniani è arrivata dal Nazareno: “La minoranza del Pd è colpita da un’improvvisa perdita di memoria. Pierluigi Bersani ieri ha parlato di ‘Senato dei nominati’ quando solo qualche mese fa aveva dato il via libera alla riforma, compreso il passaggio sulla non eleggibilità diretta dei senatori”, afferma Isabella De Monte, vicepresidente della delegazione Pd al Parlamento Europeo. “All’ex segretario ricordiamo che la famosa ruota è girata” ha aggiunto De Monte. “Il governo Renzi sta affrontando risolutamente i nodi della crisi del Paese -sottolinea l’esponente dem- di tutto abbiamo bisogno, meno che di riaprire contese che sono state chiuse dal congresso del partito e dal risultato delle elezioni di maggio”.