Garantire il telefono fisso in tutte le case non è più conveniente. Non dopo che l’Agcom ha ridotto a poche decine di migliaia di euro il corrispettivo riconosciuto a Telecom Italia per farlo, a fronte di oltre 30 milioni rivendicati dall’azienda. Così, nell’estate della battaglia (persa) per il futuro del gruppo in Brasile, Telecom ha deciso di alzare la posta chiedendo all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni di essere esonerata. Domanda accolta, almeno in prima battuta: il 4 settembre l’authority presieduta da Angelo Cardani ha avviato un’istruttoria che punta a individuare i criteri in base ai quali designare “una o più imprese” che garantiscano la fornitura del servizio universale, come previsto dall’articolo 58 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Il Codice dispone che “sul territorio nazionale tutti gli utenti, a prescindere dalla loro ubicazione geografica, devono poter fruire di determinati servizi di comunicazioni elettroniche ad un livello qualitativo prestabilito”. Nello specifico, per l’azienda si tratta di portare ovunque sul territorio il telefono fisso, ma anche gli “apparecchi pubblici a pagamento” (le ormai quasi estinte cabine). E garantire “condizioni speciali” agli utenti disabili o “con particolari esigenze sociali”. Secondo Telecom tutto ciò non è più sostenibile. Di qui la richiesta, recapitata all’Agcom l’1 luglio, di attivare la procedura di designazione finora congelata perché, in via transitoria, il servizio universale era affidato in esclusiva all’ex monopolista. “L’operatore incaricato ha richiesto ‘la verifica della sussistenza delle condizioni di mercato (…) per il mantenimento o meno degli obblighi di servizio universale e, in caso positivo, l’attivazione del meccanismo di designazione di cui all’articolo 58′”, si legge nella comunicazione dell’authority.
Una delle opzioni sul tavolo è bandire una gara per scegliere i soggetti disposti a garantire il servizio a condizioni migliori. Ma l’Agcom intende anche “esaminare l’attuale scenario tecnologico e di mercato nazionale, con riferimento ai servizi oggetto degli obblighi”. Occorre considerare “che il livello di infrastrutturazione del Paese sta subendo rapide evoluzioni grazie ad investimenti sia privati che pubblici finalizzati da un lato a colmare il digital divide, portando l’accesso alla banda larga in oltre 6.000 località (cosiddette “aree bianche”) del Paese e dall’altro a sviluppare nelle parti del territorio a fallimento di mercato le reti per i servizi a banda ultra-larga”. Investimenti che “stanno consentendo una significativa riduzione del deficit infrastrutturale nell’accesso alle tecnologie tradizionali (Adsl) e stanno fungendo da volano per la diffusione dell’accesso a banda ultra-larga anche attraverso l’uso complementare di reti di comunicazione fissa e mobile”. In più, ormai una larga fetta di popolazione non sente più il bisogno dell’apparecchio fisso. Insomma: lo scenario è in rapida evoluzione, tanto che l’Agcom ritiene necessario “comparare la configurazione attuale di fornitura del servizio universale con possibili soluzioni alternative” per “delineare, nel confronto con tutti i soggetti interessati (operatori ed utenti), il sistema più efficiente per l’identificazione dei fornitori dei servizi”. Non appare escluso, per esempio, che anche un operatore mobile possa avanzare la propria candidatura.
Nei prossimi 30 giorni i “soggetti interessati” possono inviare all’autorità memorie, documenti e eventuali richieste di audizione. Poi i criteri di designazione individuati saranno sottoposti a una consultazione pubblica.