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Ucraina: cessate il fuoco

Il presidente russo Putin è certamente criticabile per molti motivi, come, in ordine di importanza decrescente, la repressione del dissenso, l’inaccettabile discriminazione verso i gay e la solida amicizia con Berlusconi. Io l’ho fatto e continuerò a farlo. Eppure, va affermato con forza che la situazione di pericolosa tensione che si è creata nell’Ucraina orientale e la guerra già in atto che ha provocato oltre duemila morti, fra i quali molti civili, non possono essere considerate, checché ne dica la Mogherini, principalmente colpa sua.

Innanzitutto, vanno considerate le dinamiche interne all’Ucraina, Paese di frontiera, nel quale le memorie storiche dell’invasione nazista e della resistenza antifascista hanno tuttora molto peso. La sollevazione delle regioni orientali e l’indipendenza della Crimea possono essere considerate frutto di un complotto russo solo da menti primitive e da persone quantomeno disinformate. Nella cosiddetta rivolta di piazza Majdan erano presenti probabilmente anche motivazioni condivisibili, come la lotta alla corruzione e il peso della crisi economica. Fatto sta che tale rivolta è stata utilizzata da potentati economici che si volevano riciclare come amici dell’Occidente e da gruppi apertamente neonazisti per imporre un nuovo indirizzo politico che la maggioranza della popolazione dell’Est ucraino non poteva digerire in modo indolore, tanto più che, come sappiamo, uno dei primi atti del nuovo governo “insurrezionale” è stato l’abolizione del russo (peraltro molto simile all’ucraino) come lingua ufficiale. Un’occidentalizzazione forzata, alimentata da irresponsabili promesse della Nato e dell’Unione europea, che di fatto amputava buona parte del Paese e fra l’altro la sua parte economicamente più significativa.

Da un punto di vista strategico, poi, non sono vecchie cariatidi nostalgiche di Brenzev, ma politici internazionali dello spessore dell’ex primo ministro tedesco Schmidt e dell’ex capo del Pentagono Robert Gates, a indicare i pericoli per la stabilità internazionale derivanti dall’espansione verso Est della Nato e del tentativo di accerchiare la Russia. Espansione e tentativi organici alla strategia statunitense e dei suoi servi-alleati europei di rallentare la perdita di egemonia sul pianeta derivante dall’ascesa dei Brics, dei quali la Russia è parte integrante.

Gli esempi dell’Iraq, della Libia e della Siria sono lì ad indicare il tragico fallimento delle politiche volte a esportare con la forza una democrazia che poi non è altro che un patetico scimmiottamento di modelli che stanno fallendo anche da noi. Unici beneficiari di tali politiche sconsiderate sono il complesso militare-industriale e gli oligarchi, che esistono, e come, anche in Occidente.

A cento anni di distanza dall’inizio di quel macello senza precedenti che prese il nome di Prima guerra mondiale, va quindi operato ogni sforzo affinché siano rintuzzate le velleità interventiste della Nato, che già minaccia, per bocca del suo Segretario Rassmussen, di inglobare l’Ucraina e che al Vertice in corso attualmente sta confermando le sue intenzioni. L’Ucraina deve restare non allineata e neutrale sul piano internazionale, così come sul piano interno si deve dotare di un ordinamento federale in grado di soddisfare diritti e aspettative di ogni parte della sua popolazione.

La strage di Odessa, la messa fuorilegge del Partito comunista ucraino e il recente assassinio della deputata dell’opposizione di sinistra al Parlamento di Kiev Valentina Semenjuk Samsonenko, nonché il ruolo di crescente importanza assunto dalle bande di estrema destra che, ben più dello scarsamente motivato esercitato ucraino, sono l’asse portante della vera e propria aggressione in atto contro l’Ucraina orientale, dimostrano le pericolose tendenze del regime di Kiev, avallato in modo acritico da Unione europea, Merkel in testa, Nato e Stati Uniti.

Va imposto da subito un cessate il fuoco nelle zone di guerra, in modo da permettere il soccorso umanitario alle popolazioni sofferenti e va al più presto convocata una Conferenza internazionale di pace con tutti gli attori coinvolti. L’Italia deve dissociarsi dalla politica delle sanzioni che colpiscono fra l’altro importanti settori della sua economia e di quella europea più in generale.  Ma Renzi con la consueta e sempre ingiustificata baldanza, va nella direzione opposta, dimostrandosi più realista del re, forse per acquisire qualche benemerenza ulteriore. Ma è una strada che conduce solo verso la guerra, soluzione da sempre ottima per le crisi del sistema capitalistico.