La notizia che riportiamo qui sotto non proviene dai soliti ambienti talebani e catastrofisti, ma da una nota emittente modenese, di solito moto prudente, in particolare quando si tratta di dare notizie su fatti “scomodi” all’amministrazione di centrosinistra:

“In Emilia Romagna prende piede anche il timore legato a un’altra zanzara, l’Anofele, responsabile della diffusione della malaria: da una quindicina di casi nel primo decennio del 2000 si è passati a 300 lo scorso anno, a causa dei cambiamenti climatici che rendono l’Italia un luogo idoneo al proliferare di zanzare un tempo diffuse solo nelle aree tropicali. Sembra invece prossimo alla soluzione il mistero delle irritazioni cutanee che avevano colpito alcune famiglie in via Giotto a Modena: a provocarle sembra essere stato un parassita del tarlo del legno, che in Italia prolifera solitamente nelle aree paludose, ad esempio quelle della laguna veneta. Un altro ospite indesiderato e inedito, portato in città dal clima che cambia” 

E’ sufficiente che un turista, di ritorno da un viaggio esotico o ai tropici, presenti qualche linea di febbre e subito scatta (giustamente) l’allarme. E’ successo varie volte, in questa strana estate, a Modena ed in Emilia. Del resto non si scherza, l’epidemia di Chicungunya dell’estate 2007 nel Ravennate fu un chiaro segnale di “tropicalizzazione”. Bastò un turista di ritorno dall’India che, febbricitante, andò a pranzo da parenti a Castiglione di Cervia e venne punto da una zanzara tigre; l’epidemia si allargò a macchia dì olio nelle case circostanti i giorni seguenti.

Perché succede questo? Qualcuno dà la colpa a Mare Nostrum e all’immigrazione clandestina, o agli stranieri ma, in questo caso almeno, queste sono ragioni abbastanza pretestuose.

Come in molti casi le cause sono complesse: cambiamenti climatici, ma anche globalizzazione le principali. E ancor più complesse (se non quasi impossibili) le soluzioni. Il pianeta si riscalda e i periodi caldi diventano più frequenti. Lo scorso inverno, mite e piovoso, è stato una manna per zanzare e insetti, proliferati peraltro grazie alla precedente calda e secca estate. Quest’anno poi un’estate perturbata, con tanta pioggia, ma non certo fredda quanto a temperature medie. Insomma, non un’estate autunnale, ma un’estate, semmai, quasi tropicale umida, a differenza della scorsa estate che fu torrida, quasi desertica.

Alle nostrane già fastidiose zanzare poi si è aggiunta, appunto, la zanzara tigre, arrivata da paesi esotici in qualche maniera. C’è chi dice con carichi di pneumatici, chi con carichi di legname. Magari, più semplicemente, è rimasta intrappolata negli interstizi o all’interno di una nave o di un aereo. All’arrivo della zanzara tigre, iniziò la preoccupazione, ma, dicevano le autorità, “tranquilli che a parte le fastidiose punture non porta malattie o almeno non è provato”. Tanto per cambiare, pacchi di decaloghi e dépliant distribuiti alla popolazione con le consuete “buone pratiche”, prima di tutto “svuota i sottovasi” o “attento alla ciotola d’acqua del cane”. Importanti, per carità, ma non sufficienti. Qualcuno invoca maggiori disinfestazioni, ma, è bene ricordarlo, per quanto “ecologici” i prodotti non sono certo privi di controindicazioni, tanto che quando effettuate viene raccomandato di non raccogliere le verdure dall’orto e di tapparsi in casa.

Certo, se è vero che sono ricomparse le zanzare anofele nella nostra regione (la notizia, così come riportata, è vaga e non chiara), la faccenda è senz’altro seria; del resto è proprio quello che prospettavano alcuni scenari come conseguenza dei cambiamenti climatici; una faccenda che, oltre che problemi sanitari, causa anche costi economici consistenti. Forse, nei decaloghi bisognerebbe aggiungere “riduci le emissioni serra”.

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