Era una delle star politiche in ascesa del firmamento politico repubblicano. Alcuni facevano il suo nome come futuro candidato alla Casa Bianca. La sua carriera è finita in un’aula di tribunale a Richmond. Bob McDonnell, ex-governatore della Virginia, è stato riconosciuto colpevole di ben 11 capi d’accusa: tra questi, corruzione, cospirazione ed estorsione. Quando ha ascoltato il verdetto, McDonnell ha portato le mani al volto e ha abbassato la testa. La moglie Maureen, anche lei condannata, ha continuato a guardar davanti a lei. I cinque figli, immediatamente dietro, tra il pubblico, si sono messi a singhiozzare.
Il processo a Bob McDonnell ha tenuto banco per settimane su giornali e TV americane. Anzitutto perché si è trattato di un grande melodramma. Durante le udienze Bob e Maureen, sino a qualche mese fa una coppia modello, si sono scaricati addosso ogni tipo di accusa di crudeltà e infedeltà; il culmine è arrivato quando si è saputo che l’ex-governatore, da sempre sostenitore della santità della famiglia e ferocemente anti-gay, divide oggi l’appartamento con il reverendo Wayne L. Ball, un prete arrestato durante uno dei frequenti raid della polizia in un parco di incontri omosessuali.
Lo shock dell’opinione pubblica è stato però anche e soprattutto “politico”. La storia di McDonnel dimostra infatti che corruzione, scambio di favori, ruberie varie albergano anche ai gradi più alti della politica americana. La Virginia manca di leggi e regole etiche “certe” per regolamentare l’attività di funzionari e politici. Si è infatti sempre pensato che il “Virginia Way” escludesse il ricorso alle regole perché l’unica regola era la capacità di mettere l’interesse pubblico dinanzi a quello privato di ogni uomo politico. McDonnell ha infranto il “Virginia Way” e si tratta di “una tragedia per l’intero Stato” e per la fiducia nelle istituzioni, ha commentato Thomas Davis, politico molto in vista e amico personale di McDonnell.
L’accusa all’ex-governatore ha insistito soprattutto su un punto: Bob McDonnell ha usato la sua carica e “venduto” favori a Jonnie R. Williams Sr, un uomo d’affari a capo della Star Scientific, un’azienda che produce vitamine e integratori alimentari. In cambio, Williams ha generosamente supportato le incerte finanze dei coniugi McDonnell, che avrebbero usato Williams “come un vero e proprio bancomat”. Il procuratore ha fatto un elenco dettagliato dei “doni” arrivati ai McDonnell: almeno 177 mila dollari in prestiti e regali, tra cui scarpe Louis Vuitton per la first lady, borse da golf per il governatore, e poi Rolex, abiti Armani e viaggi costosi. Piuttosto precisa la tempistica: a un certo punto, il governatore mandò a un suo collaboratore una mail chiedendo notizie di una transazione su un prodotto di Williams; appena sei minuti prima aveva discusso con Williams un prestito di 50 mila dollari.
McDonnell si è sempre difeso affermando che le sue scelte non erano in nessun modo “legate ai doni di Mr. Williams”. Il governatore ha ammesso di aver dimostrato “un cattivo giudizio”, ma ha anche contrattaccato spiegando di non essere a conoscenza di molti dei prestiti di Williams. Qui si è consumata la rottura pubblica tra i due ex-coniugi. Il marito ha rinfacciato alla moglie di aver avuto più che un’infatuazione nei confronti dell’uomo d’affari della Star Scientific. Anzi, lo stato emotivo del governatore era così “devastato” da non essere in grado di chiedere alla moglie di restituire i doni; di più, McDonnell non era in grado di controllare emotivamente la situazione. “Cercavo disperatamente di salvare il nostro matrimonio”, ha spiegato, dipingendo la moglie come un’erinni che non rispondeva alle mail in cui lui cercava di rimettere insieme i cocci del rapporto.
L’accusa, e la giuria, non gli hanno creduto. Anzi, il procuratore ha accusato McDonnell di cercare “di buttare la moglie sotto l’autobus” per salvarsi. Alla fine, dopo il verdetto, i due ex-coniugi hanno lasciato l’aula di tribunale su macchine diverse; in attesa di una sentenza che potrebbe anche chiuderli in una prigione per diversi anni. Resta, nell’opinione pubblica di questo Stato ricco del Sud, e nell’intera America, la sorpresa per un’immagine di felicità coniugale e rispetto dei valori della tradizione che ora appare largamente “fotoshoppata”; ma resta soprattutto il senso di disagio per uno scandalo che sino a qualche mese fa pareva impossibile. McDonnell è il primo governatore della Virginia a essere messo sotto accusa durante il suo mandato ed è il primo governatore nella storia della Virginia a essere condannato per un crimine.
Già nel passato un ex-governatore, il democratico Rod Blagojevic dell’Illinois, era stato condannato a 14 anni per aver cercato di “vendere” il seggio senatoriale che era stato di Barack Obama; ma quel “tradimento” del proprio ruolo pubblico era stato in larga parte interpretato come un segno tipico dell’atmosfera politica corrotta dell’Illinois. Il caso della Virginia è diverso, perché coinvolge un sistema politico che si è sempre professato esente da qualsiasi sospetto sulla propria onorabilità pubblica. Se al caso di McDonnell si aggiunge quello di Chris Christie – il governatore del New Jersey accusato di aver mentito sul tentativo di screditare un suo rivale politico – e quello di Rick Perry – il governatore del Texas accusato di abuso di potere – si comprende come l’opinione pubblica americana si trovi oggi di fronte a una realtà spesso trascurata o negata: e cioè la distanza tra proclami di morale pubblica e comportamenti privati.