Poche ore ancora e scatterà l’emergenza rifiuti per 29 comuni del Lazio. Tutti serviti da una discarica della Regione, a Colleferro, con impianti che il Tar ritiene contrari ai principi europei per il corretto trattamento. L’ex gruppo Gaia – oggi Lazio Ambiente – sta cercando soluzioni immediate per poter evitare l’invasione della monnezza nelle strade dei Castelli Romani e del Frusinate. Con una conseguenza più che prevedibile: l’innalzamento dei costi per i cittadini, come è già avvenuto a Roma.

Il problema chiave si chiama “tal quale”, ovvero il rifiuto non trattato che non può finire nelle discariche. Quel bacino a sud della capitale – che comprende decine di comuni a cavallo tra la provincia di Roma e quella di Frosinone – non possiede un impianto in grado di rendere inerte la parte umida del rifiuto, la frazione più inquinante, come stabilisce la legge ormai da diversi anni. Proprio su questo punto l’Italia ha subito l’ennesima procedura di infrazione europea, che ha colpito lo scorso anno quasi tutti gli impianti della Regione Lazio. Per evitare ulteriori multe nell’agosto del 2013 l’allora ministro per l’Ambiente Andrea Orlando firmò una circolare chiara, che ribadiva il divieto di portare nelle discariche i rifiuti non correttamente trattati.

Da allora la situazione si è aggravata. Roma, per ora, spedisce fuori regione quella parte dei rifiuti che prima finiva nella gigantesca buca della Colari di Manlio Cerroni. Latina utilizza un impianto di Aprilia per il trattamento – la Rida – riuscendo a chiudere il ciclo. L’impianto di Colleferro aveva messo momentaneamente una toppa, utilizzando un impianto mobile – autorizzato dalla Regione Abruzzo – per un parziale trattamento dei rifiuti, grazie ad un’ordinanza regionale che permetteva ai 29 comuni di continuare ad usare quella discarica. Nel provvedimento firmato da Nicola Zingaretti lo scorso marzo si constatava l’assenza di altre soluzioni, vista la saturazione degli impianti romani. Per il Tar del Lazio in realtà questa “emergenza” non esiste: “La mancata utilizzazione di alcuni impianti Tmb deriva da ritardi di natura meramente amministrativa, che l’amministrazione ha l’obbligo di superare tempestivamente”. Ovvero è la stessa Regione ad aver accumulato ritardi nella soluzione ordinaria del problema rifiuti. L’impianto della Rida, ad esempio, sarebbe in grado di accogliere i rifiuti di buona parte dei 29 comuni, ma – secondo la proprietà – la Regione Lazio avrebbe ritardato il rilascio delle necessarie autorizzazioni. Una vicenda entrata in parte nell’inchiesta che portò all’arresto lo scorso gennaio di Cerroni e dell’ex dirigente regionale Luca Fegatelli.

Intanto nella zona dei Castelli Romani è spuntato un progetto di un privato – la Ecoparco srl – per la realizzazione di una nuova discarica da 2 milioni di metri cubi, in piena zona agricola di pregio, nel comune di Velletri. Il progetto è stato presentato il 25 agosto scorso all’ufficio valutazione impatto ambientale. Al momento la Regione ha fatto sapere con un comunicato che l’impianto non rientra nel piano rifiuti e di non aver richiesto questo intervento. Dopo la caduta del re della monnezza romano Manlio Cerroni i giochi per la successione si sono aperti. I grandi player – come Acea, Caltagirone e lo stesso Cerroni – per ora tengono le carte coperte, aspettando il momento opportuno per giocare. L’aumento vertiginoso dei costi per il trattamento dei rifiuti ha aperto la partita su un mercato che supera, nell’intera Regione Lazio, i 600 milioni annui.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Trivelle in Basilicata e Sicilia: evviva la coerenza di Renzi

next
Articolo Successivo

Rifiuti: a rovistare nei cassonetti si rischia, ed anche grosso

next