Lasciamo stare il padano Salvini e il suo razzismo da bar di quei paesi avvolti da troppa nebbia e rincitrulliti da pessimo alcol, parliamo all’Italia che invoca il rispetto delle regole. Ma li avete visti mai quei quartieri di Napoli? Avete mai buttato l’occhio sui palazzi orrendi di Scampia, Ponticelli, Piscinola, Bagnoli? Avete mai fissato il vostro sguardo sui volti dei ragazzi che la sera ciondolano tra un bar fetente con i videogiochi e le slot machine, maschi e femmine, tutti cresciuti male e in fretta? Hanno solo quello, la sala giochi (“la sera – ha raccontato un amico di Davide – andavamo al circoletto a giocare a biliardo, poi ci facevamo un giro sul motorino… fino a tardi”), hanno volti duri, si “atteggiano”, sanno a memoria le frasi di Ciro l’immortale (il protagonista di Gomorra, la serie Sky che hanno visto comprando i dvd taroccati). “Sta’ senza pensieri, stai cuntento”, ripetono come nel film, a cantilena. Un trucco pesante sfregia il volto di ragazzine ancora bambine che vogliono presto diventare donne e si inebriano della musica di Rico Femiano, il neo-melodico di maggiore successo in questo momento con L’ammore ‘o vero. Hanno solo questo i ragazzi e le ragazze del rione Traiano, di Scampia, Barra, Pianura. Nient’altro. Questa è la loro vita: in tre su un motorino. La scuola ha fallito, non c’è, non ce la fa a difenderli, a istruirli, a mostrargli un’altra vita.
Nelle periferie di Napoli la metà dei ragazzi che frequentano le elementari accumula tra le 60 e le 80 assenze ogni anno, alle superiori la percentuale dell’evasione scolastica arriva al 70%, a Scampia solo il 35% raggiunge il terzo anno delle superiori. E gli altri? Si perdono, chi si ostina anche con disperazione e per l’educazione imposta dalla famiglia a voler stare dentro i confini della legge, è destinato ad arrangiarsi con lavori saltuari, precari, che vanno e vengono in una città senza più fabbriche.
Se Napoli è il sud più profondo di un sud abbandonato e destinato a diventare un “deserto umano”, le sterminate periferia della città sono già la fotografia dell’abbandono e della desertificazione civile. La politica non c’è e non sa che fare. Nelle tante “Scampie” napoletane sono stati sconfitti tutti, i dinosauri della vecchia Dc gavianea, il rivoluzionario Bassolino, l’arancione De Magistris. E il futuro non promette certo miracoli. Il Pd si perde in inutili “fonderie” dividendosi tra le varie Picierno, i Cozzolino i Migliore, quel che resta del Berlusconismo alla “scapece” non sa a quale santo votarsi, i grillini sognano di conquistare il “palazzo” da soli, per non contaminarsi. Mentre l’eterno sistema d’affari che da sempre domina sulla città indifferente ai cambi di bandiere e casacche, osserva e cerca l’uomo su cui puntare. Gli intellettuali, poi, chi li ha visti, chiusi come sono nelle loro università, impegnati nelle fondazioni, attenti a dosare le parole dei loro editoriali di analisi e critica sui giornali cittadini.
Una volta, sempre lui, il grande Eduardo, decise di sbattere in faccia al mondo intero la realtà dei “bassi” e degli ultimi che lì vivevano. “…avvocà, e sapite chille vasce. Nire, affumicate, addò nun ce sta luce manco a miezeiuorn… (dove non c’è luce neppure a mezzogiorno)”. Ora tocca a pochi rapper e al volto disperato e dolente di un Peppe Lanzetta, raccontare le nuove periferie.
Napoli piange. Piange per Ciro Esposito, ragazzo onesto morto per una partita di pallone, piange per Tonino Mannalà, che la vita onesta l’aveva abbandonata, ucciso da un carabiniere in una notte di luglio dopo una rapina, ora piange per Davide. Le stesse lacrime, lo stesso dolore, la stessa rabbia. Le stesse facce di uomini e donne sconfitti e soli.
Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2014