Una petizione contro il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e la sua proposta (ormai quasi una decisione) di abolire i test di ingresso alla facoltà di Medicina. E a promuoverla non sono le università, i medici o i rettori (pure contrarissimi alla riforma), ma un deputato del Pd: il partito di maggioranza del governo di cui la Giannini è ministro. Filippo Crimì, eletto alla Camera nella circoscrizione “Veneto 1” alle ultime politiche, da giorni porta avanti sul web la raccolta firme. Un’iniziativa “a titolo personale”, ma che “rispecchia un certo disagio all’interno del partito nei confronti della posizione del ministro: ci siamo riuniti più volte per discuterne, a nostro avviso è impossibile rinunciare ad una selezione in entrata”.
Alla petizione, infatti, si sono già uniti diversi parlamentari dem, e sul documento campeggia ben in vista il simbolo del partito. Da mesi la titolare di viale Trastevere sostiene la necessità di abolire i test d’ingresso. La settimana scorsa, mentre il governo preparava gli ultimi dettagli del piano scuola, Giannini ha anche incontrato la Conferenza dei rettori (Crui), per comunicare la volontà di accelerare sulla riforma. Il Miur punta sul cosiddetto “modello alla francese”: niente più quiz in primavera, tutti gli aspiranti medici iscritti. E lo sbarramento spostato più avanti, alla fine o addirittura a metà del primo anno. Per poter accogliere un numero così alto di studenti, poi, il dicastero ipotizza una riorganizzazione di tutti i corsi riguardanti le professioni sanitarie (medicina, farmacia, biotecnologia) in un unico tronco iniziale, con esami comuni. Un progetto complesso, che non piace alle università preoccupate dalla possibili conseguenze dell’eliminazione dei test.
E non convince neppure il Pd, o almeno una sua parte. “La proposta non tiene conto di troppe incognite”, afferma Crimì. In primo luogo dell’enorme massa di studenti che potrebbe ritrovarsi iscritta al primo anno, obiezione già avanzata dagli atenei: lo scorso maggio al test hanno partecipato in 65mila, mentre le facoltà (anche con la riorganizzazione pensata dal Ministero) potrebbero ospitarne al massimo 30mila. “Con quali fondi e quali posti si pensa di accogliere tutti questi ragazzi? E poi giuridicamente cosa diventerebbe il nuovo primo anno comune ai vari corsi?”, chiede Crimì. Tanti dubbi anche sullo sbarramento posticipato: la graduatoria per superare la ‘tagliola’ verrebbe stilata in base ai voti degli esami del primo anno (o addirittura solo del primo semestre). “Così – sottolinea il promotore della petizione – carichiamo i professori di questi corsi di una responsabilità e anche di un potere eccessivo. Abbiamo fatto una battaglia per cambiare l’accesso alle scuole di specializzazione in nome dell’oggettività e della trasparenza, e ora invece affidiamo alla discrezionalità di pochi la carriera universitaria di migliaia di studenti?”.
Per queste ragioni Crimì boccia il progetto della Giannini. “Mi sembra anche poco corretto nei confronti dei ragazzi. Si parla di abolizione dei test, ma in realtà la selezione viene solo spostata in avanti. E farla dopo sei mesi o un anno mi pare la soluzione peggiore: si lascerà credere a un esercito di giovani di potersi laureare in medicina, e invece la maggior parte di loro si ritroverà tagliata fuori, dopo essersi illusa e aver sprecato un anno di vita”. La petizione propone piuttosto di conservare gli attuali test, e al massimo rivederli. “Di certo non sono l’ideale, ma se non altro sono oggettivi. Bisognerebbe migliorarne l’organizzazione. E magari calibrarne i contenuti più sui programmi dei licei che sulla cultura generale: così almeno si andrebbe a premiare la serietà e lo studio dei ragazzi”. La raccolta firme va avanti, proprio come il progetto di riforma della Giannini. “L’obiettivo – conclude Crimì – è anche quello di aprire una discussione. Visto che fin qui il ministro non ha ascoltato quasi nessuno, vogliamo far sapere chiaro e tondo che alcuni di noi non sono d’accordo”.