Il ministro delle Finanze tedesco torna a bacchettare Roma, pur riconoscendo che "Renzi segue il giusto approccio affrontando nel suo Paese delle riforme strutturali d’impatto". Giudizio negativo sulle mosse della Bce: "C'è già troppa liquidità". Secondo Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario, la Spagna è "l'unico Paese che fa passi avanti" sulle riforme del mercato del lavoro. L'austerità? "Nella zona euro non è eccessiva"
“Se fosse possibile risolvere tutti i problemi aumentando il debito, l’Italia non avrebbe più problemi”. Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze tedesco dalle note posizioni “rigoriste” sul rispetto del patto di Stabilità, non si smentisce. E, in un’intervista a Yahoo Finanza, torna a bacchettare Roma. Pur riconoscendo che “il signor Renzi segue il giusto approccio affrontando nel suo Paese delle riforme strutturali d’impatto” e “questo non è mai facile. Posso solo sperare che abbia successo”. “Le persone”, infatti, “preferiscono percorrere la strada semplice, per esempio quella di spendere il denaro degli altri”. Se anche questo vada interpretato un riferimento all’Italia, magari quella del passato, sta al lettore giudicarlo. Quanto alle misure decise giovedì scorso dalla Banca centrale europea di Mario Draghi, dalla riduzione dei tassi di interesse ai prestiti “condizionati” alle banche fino agli acquisti di titoli cartolarizzati, il giudizio di Schaeuble è secco: “Credo che ci troviamo di fronte a troppa liquidità, piuttosto che il contrario. E ho dubbi che questo sia sostenibile”. Traduzione: la scelta di iniettare moneta nell’economia per sostenere il livello dei prezzi e la ripresa non lo convince affatto. Su una cosa, però, il “falco” di Berlino è d’accordo con Draghi: “Ha sempre detto che la politica monetaria non può risolvere i problemi dei governi Ue. Siamo sempre stati d’accordo sul fatto che per più crescita servano le riforme. Per questo servono condizioni generali funzionanti: una giustizia e un’amministrazione che facciano il loro lavoro. Possibilmente poca corruzione e una politica finanziaria solida e duratura”. Su questo “nulla è cambiato. Ora tocca alla politica: riforme e politica finanziaria sostenibile”. Parole che ricalcano quasi alla lettera quelle del presidente della Bce, convinto che “non esista stimolo monetario o fiscale che possa produrre effetti senza riforme strutturali forti”.
Aperture di credito nei confronti della banca centrale di Francoforte e “avvertimenti” ai Paesi indebitati sono arrivati anche da Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, reduce da mesi di scontro a distanza con Draghi sui provvedimenti necessari per fronteggiare il rischio deflazione. In un’intervista a Les Echos, infatti, Lagarde ha lodato il fatto che la Bce “sia pronta a ricorrere a misure non convenzionali supplementari, se ciò diventasse necessario per far fronte al rischio di un periodo troppo prolungato di inflazione debole” e che il presidente abbia “annunciato delle azioni che vanno nella giusta direzione e che in particolare fluidificheranno le capacità di credito alle imprese”. Parlando dei conti pubblici dell’Eurozona, invece, l’economista francese ha detto che “non si può parlare di politica di austerità eccessiva nella zona euro: il ritmo di riduzione del deficit pubblico mi pare appropriato”. La strada maestra da seguire resta la solita: “Bisogna mantenere il passo nella riduzione della spesa pubblica. Anche se l’inflazione è più debole del previsto, non può essere utilizzata come paravento per rinviare gli sforzi”. E naturalmente “la congiuntura non deve giustificare neanche dei nuovi aumenti delle tasse“.
Nessun riferimento diretto all’Italia. Però commentando le riforme strutturali messe in campo nella Ue Lagarde ha detto che la Spagna è “l’unico Paese che fa passi avanti quest’anno” sul delicato fronte delle riforme del mercato del lavoro “e questo comincia a dare frutti”. A ricordare a Roma che i problemi del lavoro sono prioritari ci hanno d’altronde già pensato, per limitarsi agli ultimi giorni, il capo economista della Bce Peter Praet e l’Ocse.