Molte le sconfitte che il presidente della Ferrari porta in dote nel suo biglietto da visita. Poco prima del caso Maranello, c'era stata la debacle di Italia Futura, ma la lista è ben più lunga. Eccola
Gli ultimi affari di Luca Cordero di Montezemolo non hanno brillato per fortuna e successo. Pare quasi una maledizione. “Sì, di Montezuma” ironizzano i soliti maligni. Di certo anche in politica l’avventura della sua Italia Futura è finita male, complice anche l’aver puntato sul cavallo sbagliato ovvero Mario Monti. E poi ci sono i treni di Italo con la sua Ntv fondata insieme agli amici Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone per fare concorrenza ai Frecciarossa che ora si ritrova affossata da quasi 800 milioni di euro di debiti e da perdite che sono arrivate a 156 milioni in due anni. I vertici della società danno la colpa alla guerra dei prezzi scatenata da Trenitalia, alla mancanza di un’Authority di settore e del decreto competitività che ha messo fine al regime tariffario agevolato comportando un incremento dei costi di 15-20 milioni l’anno a partire dal 2015. Un livello insostenibile per l’azienda che già paga 120 milioni l’anno per l’accesso alla rete.
Ora a Montezemolo vengono pure addebitati da Sergio Marchionne anche gli insuccessi in pista della Ferrari con il silenzio-assenso del presidente della Fiat, John Elkann. Cioè della famiglia Agnelli che nel 2004 aveva chiamato Montezemolo come presidente al capezzale della Fiat. Eppure i conti della Rossa vanno a gonfie vele e Montezemolo ha il merito non solo di aver portato Niki Lauda alla guida negli anni Settanta ma anche di aver evitato negli anni bui del Lingotto di contagiare l’immagine di Maranello con pericolose “sinergie” (componenti, etc.) con il mondo Fiat, per altro con il pieno consenso di Marchionne che però adesso vuole seguire esattamente la strategia opposta. Ovvero integrare la Ferrari nel gruppo Fiat sempre più proiettata verso gli Usa dove il marchio con il Cavallino Rampante è un’icona che può fare da apripista a un nuovo polo del lusso con Maserati e Alfa nonché rappresentare il fiore all’occhiello per la quotazione a Wall Street. Quanto alle gare, questa stagione è senza dubbio una delle più buie della storia recente della scuderia di Maranello: brucia vedere la vettura di Alonso ferma a Monza per un problema di cambio e un’altra in nona posizione.
Ma il problema non sono solo la politica, i treni e le macchine. Nel suo biglietto da visita, Luca di Montezemolo porta in dote anche la disastrosa quotazione in Borsa del Sole 24 Ore che avrebbe dovuto coronare la sua presidenza della Confindustria e ha invece contribuito a svuotare le tasche dei piccoli risparmiatori, mentre il gruppo editoriale non è riuscita a fare buon uso della liquidità raccolta con l’operazione prevalentemente finanziata dal cosiddetto parco buoi. Da non dimenticare, poi, Italia 90 che l’ha visto direttore generale del comitato organizzatore dei Mondiali di calcio. Gli scandali sugli appalti arriveranno solo anni più tardi e non scalfiranno la fama di Montezemolo che alla luce del suo ruolo non sarà infatti mai indagato né sentito come persona informata sui fatti. Ma il recupero di dodici stadi, costato fior di miliardi, non rimane comunque un bel ricordo considerando che anche quello di Torino è stato poi buttato giù dalla Juventus per farne uno nuovo.
Infine il lusso. L’uomo del rilancio del made in Italy, l’alfiere del savoir faire nazionale, si è anche lanciato con passione nell’avventura di Charme Investments, il fondo lussemburghese di private equity, che a fine 2013 ha accumulato oltre 52 milioni di perdite dopo i 43,5 milioni dell’anno precedente. Nel 2014 di sicuro andrà meglio anche perchè in bilancio finirà la plusvalenza di oltre 160 milioni incassata con la vendita del 51,2% di Poltrona Frau. Restano l’1,5% di Grandi Navi Veloci, il 60% dell’immobiliare Pf Real estate e una quota dell’altra lussemburghese Charme Fashion Group, il cui unico asset era rappresentato da Ballantyne, marchio storico del cachemire finito in liquidazione a novembre dell’anno scorso. Le perdite accumulate al 30 settembre (12,4 milioni di euro) avevano bruciato il capitale di 120.000 euro impedendo all’impresa di proseguire la sua attività. Sarà colpa di Montezuma?
di Ambra Lorenzetti