La scuola, complice la fine delle vacanze, è su tutti i giornali, e non solo per le riforme annunciate, ancora molto vaghe: su ilfattoquotidiano.it si raccolgono testimonianze sugli istituti scolastici che hanno bisogno di cure; Valerio Magrelli su La Repubblica scrive dell’importanza di tornare ai classici, sia pure con l’ausilio delle nuove tecnologie; Micromega dedica un numero monografico all’educazione, e così il prossimo di Mente e cervello, mensile di psicologia e neuroscienze, dedicato all’apprendimento. Su Sette de il Corriere della sera la copertina mostra una studentessa sorridente e titola: “Studiare senza fine di lucro”, c’è una bella intervista a Nuccio Ordine, autore di “L’utilità dell’inutile”, in cui si sostiene il valore formativo disgiunto dalla rincorsa del mercato, su cui si è sempre in ritardo. Studiare ciò che ci piace è spesso più utile di studiare ciò che sembra utile.
Forse ci stiamo davvero interrogando sull’importanza della scuola, su una progettazione a lungo termine di chi vogliamo essere, in un mondo che non tornerà ad essere quello di prima.
Ma cosa è essenziale e non viene studiato, né riconosciuto ? Il sacro, e lo dico da laico.
Troppo spesso il sacro viene delegato e relegato nell’insegnamento della religione.
Il terreno è scivoloso: racconto un episodio accaduto a mia nipote, in una scuola media di Arezzo: “l’insegnante di religione ha detto che non bisognava acquistare cd dai marocchini, perché si finanziavano le altre religioni e noi dobbiamo finanziare solo la nostra..“. E’ chiaro che la paranoica stupidità non si può evitare completamente e questo è un caso limite, ma integralismi e indottrinamenti sono sempre possibili quando vi è una visione settaria dell’esperienza religiosa e manca il rispetto per l’altro.
Eppure penso che quest’ora di religione, abbastanza negletta quando non vi siano insegnanti carismatici, e ve ne sono, sarebbe fondamentale, perché fondamentale è l’esperienza del sacro, ed è presente in tutte le culture, come hanno dimostrato gli antropologi.
Bisognerebbe forse parlare non solo di religione ma di spiritualità e partire da ciò che è sacro per ciascuno. Esplorare quali sono i valori fondanti dell’individuo e della cultura in cui viviamo: che cosa è irrinunciabile per ciascuno di noi, che cosa è veramente importante?
Possiamo rileggere le prescrizioni delle varie religioni per capire cosa difendono. Cercare di capire cosa significa per noi oggi amore, libertà, rispetto della vita. Leggere le esperienze dei mistici, che si somigliano tutte, che si tratti di santi cristiani, musulmani, induisti, ebrei etc.
Vi è in tutte il senso della connessione con la natura e con tutti gli esseri, un senso che al di là delle apparenze e delle tragedie c’è nell’universo una “luce intellettual piena d’amore“.
E che queste esperienze in qualche momento della vita, le abbiamo tutti. I bambini ricordano e raccontano bene questi momenti di incantamento, se solo li ascoltiamo. Lo psicologo Maslow le chiamava esperienze delle vette, ne ha scritto benissimo Piero Ferrucci: momenti di armonia profonda, di gioia ineffabile, di connessione. Sono un territorio troppo importante, forse il più importante, per lasciarlo controllare in esclusiva da una religione. E forse potrebbero essere incontrate in qualsiasi disciplina. Se poniamo agli studenti questi interrogativi, resteremo sorpresi dalla voglia di discutere di temi esistenziali, dei grandi perché così tipici dell’adolescenza. Lo testimonia un insegnante di scuola media, Stefano Viviani, in un libretto interessante, L’intelligenza in/attesa. Meglio “perdere tempo” con queste domande che trovano spazio e dignità in ogni materia, che con il programma seguito (?) svogliatamente.
“Al diavolo il tesoro. Prua verso il mare !”. Ce lo dice Stevenson.