La Drug Policy Alliance - animata fra gli altri da Kofi Annan, Soros e Sting - presenta all'Onu un rapporto per combattere il narcotraffico senza criminalizzare il consumo. "La War on Drug finora ha fallito"
E’ stato presentato a New York l’ultimo report della Drug Policy Alliance (Dpa) col quale il think tank conferma il contrasto alla “fallimentare war on drugs” e lancia la sfida affinché l’Assemblea Speciale Onu (Ungass) sulle Droghe, prevista nel 2016, scelga un nuovo approccio politico globale al tema droga. Cardini del nuovo paradigma promosso dal Dpa: depenalizzazione del consumo personale, riduzione del danno e percorsi rieducativi alternativi al carcere, cui unire, da ultima, la regolazione legale di produzione e consumo delle sostanze psicoattive. La Commissione firmataria del documento – composta da politici internazionali come Kofi Annan e Javier Solana, imprenditori quali George Soros e Richard Branson, scienziati e artisti del calibro di Sting e Mauro Vargas Llosa – ritiene che il percorso nato dall’ultima Ungass del 1998 “non abbia funzionato” per errate intenzioni e premesse, riassunte nello slogan “drug-free world” (mondo libero dalle droghe) e nell’obiettivo “irrealistico” della riduzione della produzione globale di sostanze psicoattive.
Le politiche sul tema, ha sottolineato Kofi Annan, devono basarsi su “evidenze di quanto effettivamente funzioni, al contrario di scelte che criminalizzano l’uso delle sostanze stupefacenti e contemporaneamente falliscono nel garantire l’accesso a prevenzione e trattamento efficaci, generando sovraffollamento carcerario e complessi problemi socio-sanitari”. Al centro del nuovo approccio, ha spiegato l’ex-Presidente del Brasile Fernando H. Cardoso, sta quindi il principio del “trattare la tossicodipendenza come un tema sanitario invece che come un crimine”. Questo comporterebbe uno “spostamento di risorse” economiche dalle misure repressive – quali lo sradicamento delle colture di coca in America Latina o di oppio in Afghanistan – alle iniziative educative di prevenzione che mirano a “ridurre la domanda di stupefacenti” anche attraverso “modelli di legalizzazione responsabile capaci, tra l’altro, di minare il potere delle organizzazioni che gestiscono il narcotraffico”.
Il Dpa insiste a tal proposito sulla necessità di aumentare gli “esperimenti di regolazione legale di produzione, promozione, distribuzione e consumo delle sostanze psicoattive”, non solo con la cannabis – come tentato da ultimo in Uruguay, Colorado e Washington (USA) – ma anche con foglie di coca e alcune nuove sostanze stupefacenti. Rispetto a queste ultime la Commissione ha sottolineato la replicabilità di strumenti quali il “Psychoactive Substances Act” approvato in Nuova Zelanda nel 2013, che ha regolato la vendita di alcune nuove sostanze psicoattive il cui consumo moderato è accompagnato da basso livello di rischio per la salute. Il cambio di approccio è evidente, se si considera che sulle nuove droghe la posizione della United Nation Office on Drugs and Crime, organismo Onu dedicato al tema droghe e criminalità, è stata finora di sostegno incondizionato al suo Sistema di controllo internazionale sulle droghe, per poi ammetterne il suo fallimento davanti all’evidenza che nel solo 2013 il “numero di nuove sostanze psicoattive (in circolazione ndr) abbia superato il numero delle sostanze proibite sotto il controllo del Sistema stesso”.
Secondo il Drug Policy Alliance molto può essere appreso dalla “regolamentazione della filiera relativa a tabacco e alcol” ma soprattutto è inaccettabile persistere nell’approccio repressivo utilizzato finora. Lo palesano dati di risultato dove a fronte di un investimento economico di 1.000 miliardi di dollari, per i soli Usa dal 1970 ad oggi, si sono ottenute: aumento della domanda (+18% ‘08-’12), aumento della produzione (oppio +380% 1980-2012), diffusione di malattie infettive correlate (37% degli eroinomani russi hanno l’HIV) e rafforzamento del narcotraffico (giro d’affari di 332 miliardi di dollari annui) con impennata delle morti violente legate al controllo e correlato ostacolo per l’evoluzione di economie legali nei territori interessati. “I fatti parlano da soli – ha concluso Kofi Annan – ed è tempo di cambiare corso”. Nel pomeriggio lo ha specificato al suo successore sullo scranno di Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, affiancato dal suo vice Jan Eliasson. La sfida per determinare i nuovi indirizzi delle politiche globali sul tema droga nel corso di UNGASS 2016 è ufficialmente iniziata. Si attendono le risposte della controparte, Stati Uniti in testa.